Vivere e morire Oscar Wilde

Ieri pomeriggio ho accettato la proposta del "Club Amici del Cinema" di Sampierdarena. Un film sperimentale del 2011, di e con Al Pacino, basato su un dramma di Oscar Wilde: ci sarebbe cascato chiunque. E' stata una buona idea, però, incamminarmi per via Rolando, poiché "Wilde Salome" può essere definito un'esperienza.

Giunto in sala trovo, a sorpresa, un'introduzione informale ma appassionata sull'opera: "Perché quest'opera dirompente nella sua produzione che, sino ad allora, fu più leggera?", si e ci chiede. "Forse perché giunse dopo le infami ferite dello spirito ricevute durante il processo subito?"; direi di no, visto che è antecedente alle vicende processuali dell'autore. Più probabile che egli fosse smanioso di trattare di quelle "tentazioni", tutte, in senso ampio, che stavano mettendo a dura prova la sua resistenza di uomo. Uomo comune, normale, noi, di qui l'universalità della sua arte. Rabbia, anche, l'alta e doverosa rabbia che fa danzare le muse: "con sfrontatezza prende un testo della tradizione cristiana (Vangelo) e lo rimescola nel calderone delle passioni. Salome incarna la lussuria, la seduzione. In quest'opera morte e sesso muovono di pari passo. [...] Dopo questo strappo seppe recuperare la stima del fronte perbenista con una serie di commedie spassose", continua la simpatica curatrice, "sino all'esplosione del processo che lo condurrà a Reading, incarcerato, dove scrisse le parole che, oltre che Al Pacino, hanno scosso e scuotono ancora milioni di persone". Veniamo al film.
Sceneggiatura e taglio originale in cui s'avverte la logorante ricerca dell'attore/regista newyorkese, lo scalpitante desiderio di "cogliere tutta l'opera" Salome, come lui stesso racconta, che "è piena di pericolo, è tutta un avvertimento". E il grande pathos di cui è intriso il dramma m'è stato scaraventato in faccia, con effetto sontuoso. Ma è anche un appassionante ed appassionato documentario su Wilde. Ripercorrere i suoi luoghi, il suo pensiero, è sempre magia. Ma è anche uno sguardo sull'Al Pacino privato, attore, regista (in questo caso), uomo (maturo). Il tutto senza perdere pezzi, anzi, mantenendo un discorso alto su letteratura, cinema e teatro rende il film uno stimolante culturale raro. L'esperimento, caro Al Pacino non ti crucciare, è riuscito.
Bello pensare che si riesca ancora a dubitare di te. Merito tuo, della tua ricerca. Al Pacino conoscitore di cinema e teatro, mostra inoltre il suo carattere sui palchi e sulle scene. Prescindendo da un discorso di sincerità, cui non potremmo comunque partecipare, emerge un artista sicuro di sé, ma sempre disposto ad ascoltare, ben conscio dell'importanza della squadra di professionisti riuniti di volta in volta attorno a sé, della dipendenza stretta della qualità di un'opera dalle capacità di ogni singolo partecipante. Il film rende bene ciò, senza vuoti didascalismo e autoreferenzialità: una pausa, una correzione, un'espressione, una "marcia indietro", sono gli ingredienti del quotidiano che in un film "classico" subirebbe una traduzione meno efficace; provate. Ad ogni modo, la selezione degli attori per questo film, secondo me, è stata perfetta.
Anche noi del Cinerofum, come il grande attore, amiamo e sempre ameremo "Oscar Wilde per la sua ...civiltà, questa sua fragile potenza". Quindi sgraneremo occhi e spalancheremo bocche ogni sacra volta che si ricorderà il tuo glorioso e tormentato percorso. "La persecuzione per ragioni sessuali mero pretesto per incriminare una figura scomoda, critica verso una società ipocrita e prevaricante" (altro che "atti osceni"...). Martire della stupidità umana.
Grande Pacino. Ricorderò a lungo il suo "Tetrarca incatenato della proprie passioni, infantile, ma acuto e sofisticato...come Wilde", i suoi disperati "pavoni bianchi" offerti alla Salome più pura ed ammaliatrice (Jessica Chanstain, classe 1977, da brivido anche la sua danza sensuale, quindi mortale).
Tema del doppiaggio, non gradito alla curatrice della serata ("non c'è il solito doppiatore...ehm ehm, beh poi mi direte"). E, invece, spezzate quelle abitudini che lo stesso Wilde frantumava colle sue sagaci parole, credo che il buon Gabriele Lavia abbia compiuto un ottimo (e complesso) lavoro. Bisogna comunque dare atto ai curatori del doppiaggio dell'ottima scelta di lasciare l'originale "in sordina". Già questo accorgimento aiuta a percepire che il tono teatrale di Pacino doveva pur essere conservato. Inoltre, testa di toro mozzata, da un passaggio esplicito sulla sua recitazione con un collaboratore, trova anche spiegazione la tecnica di doppiaggio utilizzata, con l'introduzione di una certa femminilità (...) nella voce di Erode. Pane per tutti: scrivete.
Ultime considerazioni: è stato bello ritrovare in questa sorta di making of di un artista che ha coperto quasi mezzo secolo di cinema, tutto il suo bagaglio artistico; zoomate, inquadrature, movimenti, ripresi da quei grandi registi che lo diressero e con cui, tutt'uno, ne fecero un mito.
Per Oscar Wilde (1854-1990). Imperdibile.
(depa)

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