A Parigi, al cinema “Ecoles” della Rue omonima, con Elena per “Teorema” scritto e diretto nel 1968 da Pier Paolo Pasolini. Ancora emozionati per la suggestiva sala, veniamo travolti dall’oscuro intellettualismo del regista friulano. Manco ho detto “borghes…” che il tizio davanti sì è esibito in uno SpezzaCollo d’altri tempi. Eppure, con tutta la sua complessità, è un film chiaro ed esplicito. "Pure troppo", diremmo oggi?
Sala 2 di una volta, con lo schermo più piccolo mai visto. 15 persone al cospetto del regista italiano. Borghesia, fremente e turbata. Versione restaurata dalla Cineteca di Bologna. “Il padrone è il vero protagonista”. “Il nuovo corso del potere”, “Trasformati in piccoli borghesi”.
Come si è arrivati a tutto ciò? Con lo zampino di Dio, Il proletariato alla canna del gas. Odette uscita dall’hazard. Anne Wiazemsky di Godard e tra un a chiacchiera e l’altra al “Baltard” si percorrono i differenti modi di esporre le magagne del Capitale, quello letterario e angosciato del nostro, quello scatenato sovversivo del transalpino. Ninetto Davoli uccellacci del buonaugurio di una Borghesia ferma nel proprio piscio, mentre il popolo si getta alle ortiche. Requiem del “disegno” di una classe. Borghesia in cerca di emozioni e studentelli fuori sede. Capannoni, ecco cosa sa costruire. Concettuale, ma non troppo. Può risentire del tempo, che ha logorato e sfrangiato il linguaggio, ma resta valida la rappresentazione di una società che, seppur e anzi proprio, non si salva certo moltiplicando le menzogne.
(depa)
(depa)


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