Facile epatica

Nelle chiacchiere tra il quartiere Belleville e “Le Chalet Savoyard” si è caduti spesso su di un film italiano che pare abbia destato entusiasmi non solo nostrani. L’artefice è il veneto Francesco Sossai, già incontrato al TriesteFF due anni fa. La qualità del tratteggio nostalgico è ribadita. Con “Le città di pianura”, però, è la visione dell’efficace paesaggista a lasciare perplesso. L’introspezione cede alla guasconneria. Attenzione, però, alle saggezze da bicchiere.Ma come non affezionarsi a questi fulminati dalla corrente dei 75° tra Bassano e Cornia (molto meglio di Ted e Don comunque)? Ma certo, scrittura affabile tra parossismi alcolici e le conseguenti follie e una splendida fotografia che ti mette nel sedile posteriore dell’auto di quei due matti (marci). Eterni bambini, qualche vaga recriminazione, la verità è che non hanno avuto le palle (nemmeno “Stealth”). Malinconia reale, quindi, con le risate che travestono le grida. Ottimi (il bresciano Sergio Romano e il suo Carlobianchi), buoni (Pierpaolo Capovilla, il Paolo Rossi degli Orrori del NordEst) e pessimi interpreti (Il ragazzo), lo rendono comunque, abituati come siamo alla bassa cinematografica, godibile. Poca roba, tant’è che anche dal Benacus, sponda bresciana, non sono echeggiati cori di giubilo. Ma una risata per l’”informalità veneta”, sì!
(depa)

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