Derive periferiche

Ma rimaniamo nel cinema classico francese. Cosa di meglio che ritrovare Marcel Carné, nel suo periodo d’oro, solo pellicole meravigliose, intense. E “Il porto delle nebbie”, del 1938, come i capolavori, lo è di rottura, di sbieco, col cipiglio di Jean Gabin che ancora semina il panico per le statali poco trafficate della Normandia.
A 20 Km da Le Havre, c’è un uomo solitario e di poche parole. Jean: disertore col képi in cerca di padrone, ma amico degli animali, testa dura e orgogliosa. Dal Tonchino al “Le petit tabarin”, i ricordi annebbiano la mente, tra delinquenti da due soldi, buffoni, soldati… “La vita è strana per chi la osserva tra mezzanotte e le tre”. Mentre dal “Panama” si ritorna pittore. 
Pellicola antimilitarista e animalista, pervasa del “realismo poetico francese” messo in scesa in quegli anni da grandi maestri. “E’ bello essere liberi”, ma la malinconia non cede: “La vita è così, è una porcheria!”. Amore a qualunque costo ed età (ma solo una quindicina separava Michèle Morgan da Gabin). “E’ difficile vivere”. Scrittura d’altri tempi nelle parole di Jacques Prévert, e personaggi variopinti, l’ubriacone e il senzatetto!, infine il cane che rapido scorrazza verso la città…“Sì, siamo soli”.
(depa)


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