Alla gaudente, promettente e mai più vista, prof. del "Cassini" incontrata alla raccolta beni per la Sumud Flottiglia, in imbarazzo per una maglietta “From the
river to the sea, Palestine will be free”, ha risposto la regista
statunitense Cherien Dabis, classe 1976 di origine giordano palestinese. In effetti, “Come se il 1948 non fosse esistito” è
proprio il sogno di ogni cuore solidale e coerente. “Tutto quello che resta
di te”.
Dal "Sundance" e altri Festival, un racconto “basato su fatti reali”. Si parte
correndo con la gioventù di Malek e Noor, nel “1988. Cisgiordania occupata”.
Intifada. E’ oggi. 1948, Giaffa, “affinché tu capisca devi sapere la storia di suo
nonno”. Ancora una volta, meno suleimanamente, oltre a DOLORE e RABBIA ciò che
rimane sono il ricordo e la memoria tenuti viva della resistenza. Ecco come, dal
sionismo fascista, nasce la più grande prigione a cielo aperto. La cortesia del
capo, infetta ogni comunità. “1978. 30 anni dopo. Campo rifugiati. Cisgiordania
occupata”. A indicare che nulla è cambiato. Regina Elizabeth si mangia tutte le
arance. La prepotenza che hanno solo i codardi, spesso armati. “Faremo del
nostro meglio” è il linguaggio dei carnefici. Sullo schermo la genesi dello
Stato (e ne invocano, comprensibilmente, due). Quella dei palestinesi è
la condizione di coloro che vengono uccisi ripetutamente, più volte. Donare è facile, “il
ricevente è il problema”. Finale tornatoriano, con la cara e vecchia casa
degli aranci, che sarà ristrutturata in B&B. A parte ciò, il terzo lungometraggio
scritto e diretto dalla regista è un lavoro notevole, sensibile e militante. Pensate
un po’, cari Netanyahu e compagni di merende, intanto, tra le varie
iniziative, non si dirà mai più Tel-Aviv, ma sempre si dirà Jaffa (“Shetna!”).
(depa)
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