Giorni fa, proiettando in solitaria un DVD dell'"Anonima Santa Brigida" difficile da somministrare a Elena, ho rincontrato Sam Peckinpah. Non nel suo abito migliore, checché si provi a. Semmai, "Killer elite", del 1975, segna il precoce crepuscolo del crepuscolo, il buio dell'autore al maschile per andronomasia. In evidente difficoltà nel passaggio dagli speroni ai semafori.
La precisazione del "lavoro di finzione" parrebbe soddisfare i più, trovando in essa quell'ironica denuncia poi sbobinata alla rinfusa. Due leggende, la seconda in vita, come sbirri amici/nemici: James Caan (1940-2022) e Robert Duvall. "Anche questa è fatta", leggi "infamata". La feccia vera, malavita per una volta americana: i "reietti strani, mercenari" della CIA. Mike è stato "messo in panchina" dal camerata. Nervi (periferici) da annaffiare tutti i giorni. Una riabilitazione programmata, Karate Kid governativo. "Rientrare in campo", per soci Miller e Mac, che "ammazza la gente per divertimento". Bo Hopkins (1938-2022) e Burt Young (1940-2023) costretti a fare il loro lavoro, tra dialoghi discutibili, "tutta roba letale", in una (im)perfetta pellicola di genere (poliziesco, avventura). Ampiezze di schermo pronte a rattrapirsi, montaggio schizofrenico. Interessante per il tono algido, da "ordinaria amministrazione", e le note cupe (assenti). Ma anche la scenografica sequenza finale nel parcheggio/cimitero della flotta militare, lascia l'amaro di un duello non riuscito.
(depa
Nessun commento:
Posta un commento