La scorsa settimana, il giugno delle sale si è concluso con una firma agognata. Nuri Bilge Ceylan, regista di Istanbul che ha già lasciato il segno sul Cinerofum, col suo ultimo lavoro, "Racconto di due stagioni", del 2023, si allontana dal paesaggio per concentrarsi sulle minime bugie, i minuscoli tradimenti verso se stessi. Verso gli altri.
Si inizia con le solitarie distese del regista turco. Stacco: anche le guardie giocano a PES. Buoni contatti, con Nuray. Altri "inappropriati". La malizia è negli occhi di chi comanda. Preferire quasi la moglie zoppa ("No, così..."). Lo sguardo che inchioda dei bambini. Professori promossi dal provveditore Erdogan. Regia grandangolare. "La parte che c'è sotto", che deve essere scritta. Un prof. che non conosce né modi, né distanze. Sontuoso scetticismo nei confronti dell'essere umano. Atatürk! Colleghi strateghi e, in mezzo, compagni stronzi. L'"incertezza degli istruiti". La "stigmatizzazione di chi prende posizione". "Stupri, corruzione, profughi". Quante chiacchiere sfiancanti. "E tu, come contribuisci? Cosa fai?". Distanze incolmabili, gelo nelle ossa. Ma sì, dai, sesso e vane parole. "E avanti", banale umano. Niente primavera, "confini poco nitidi gioia e dolore".
Ad ogni modo, queste le elucubrazioni senza pretese d'uno spettatore dinanzi ad un'opera aperta come le migliori (il "nostro" recente Haneke). Lo scavare profondo di Nuri Bilge Ceylan nell'animo umano, stavolta ancora più pressante (magari una mezz'ora in meno...), rende il suo cinena urgente per tutti i cinefili.
(depa)
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