Riparto da ieri sera, l'ultima. Infatuati da Renato Castellani, provochiamo: "Mio figlio professore", del 1946, il suo peggiore, palesando le nostre già elevatissime pretese. Prima, durante e dopo una guerra, l'emancipazione di classe passa per attestati e promozioni. Se non per sé, per i figli. Timorosi come conigli.
Ripensandoci, qualche attimo di leggerezza rende più profonde le emozioni.
Ripensandoci, qualche attimo di leggerezza rende più profonde le emozioni.
Ruotante attorno la mole, fisica e drammatica, di Aldo Fabrizi, con le capitoline "Sorelle Nava" a imperversare e il torinese Mario Soldati (1906-1999) a conferire spessore culturale. 1919 o 20. "La storia di un uomo umile", Orazio, bidello del "finis" ("...tutti a casa"). I piani sequenza del regista varigottese abbracciano con affetto i buffi e fragili protagonisti. Piccole storie nella Grande Storia infame. Il tutto attorniato dalle consuete note di Nino Rota. Un po' di corsa nel finale appresso gli avvicendamenti, tragici-comici, della politica, e la freddezza che dall'abito e dalla divisa passa ai corpi ("rispetto e ordine").
Toccante e patetico, sino all'ultimo finis. Quindi il "peggiore" dei Castellani si rivela un ottimo esemplare del cinema neorealista italiano.
(depa)
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