Born in USA

Ieri l'altro, memore dell'ultimo godibile "Mulo", ho strappato Elena da qualcosa sulla Grande Guerra, per immergermi nel cinema americano del quasi novantenne (90), in odor di leggenda, Clint Eastwood. "Richard Jewell" è un ottimo film sui diversi e spesso fallaci piani di lettura; sugli stereotipi cui ormai le nostre menti sono infarcite e succubi. Negli States sono i migliori in questo (diciamoglielo, sempre: siete i più grandi, the best); nella terra dove la macchina dei sogni ha preso piede, dove le armi si vendono più che gli hamburger, dove Stato vuol dire, più che ovunque, Controllo silenzioso, Violenza occulta e Prevaricazione travestita, è ben visibile il meschino traguardo raggiunto dalle società capitalistiche.

Materia delicata. Il terrorismo e l'approccio sociale a questo. Eastwood, se vogliamo, col coraggio proprio del "reazionario", mostra di volerla affrontare e la sicurezza di poterla maneggiare. "Non diventare uno stronzo" dice un avvocato alla guardia giurata che annuncia di entrare in polizia. E stronzo diverrà. Richard è uno stronzo, perché ignorante nel paese delle armi e dell'egoismo. Perché in uniforme. Ma non omicida (non ancora?). Eastwood non si pone queste domande, ma seguendo gli eventi di cronaca, mostra che Jewell non è l'attentatore e quanto ciò interessi poco all'opinione pubblica, ormai criticamente pecorona. Nelle comunità dove conta solo avere una buona assicurazione (sempre in testa, sempre in testa), che omuncoli che siamo diventati: ballatori di macarena come se non ci fosse un domani. Tutto sbagliato, gli idioti al parco di prima (USA! USA!), l'avidità giornalistica come quella che ci portiamo dentro in ogni altro santo affare, la morbosa dipendenza da mass-media cui la maschera ormai è caduta da decenni, la credulità cronica. Sbirri nei perizomi di giornalisti arrivisti. Ma in un mondo in cui le notizie hanno un prezzo, che stupisce? Quindi l'indice è su noi in sala: "Quante volte, spettatore, ho fatto cambiare la tua facile, volatile opinione (del cazzo)? Compendi come posso farti ballare? Sei nelle mani di ciò che vedi, in video". Tutte le persone sono maschere. Vedere la figura della giornalista, prima cattiva, poi bravina (ché maniche/miopi sono le nostre pupille touchscreen) ma c'è un ma: quella è una stronza, lo rimane. Eastwood ci dice che lei ha preso per buona la soffiata. Ma la soffiata era una soffiata e un sospetto è un sospetto. Valori meschini rimangono tali; quella gran gnocca rimarrà tale, i suoi gesti saranno sempre una mano sui pantaloni. Non in quanto donna, ma in quanto giornalista statunitense del XX° secolo, incarnando il risultato di una società patriarcale, autoritaria, sfruttatrice, avida, alienata, persa nel vuoto. Intellettualmente impresentabile. E finché i vessati continueranno a invocare i presidenti, che stanno lì proprio a rappresentare questa feroce struttura, con le sue istituzioni corrotte e ipocrite...hai voglia!
"Rispettare quelle autorità" che fuori, in ogni dove, ti aspettano per "coccolarti"? (son mica gli stessi che fan cik-cik su operai in sciopero ai cancelli? Ah, Gatti & Alberi, ok). Siamo di un'ingenuità vergognosa, questo dice il film (e lo stupore per le cimici rimane una gemma di sorpresa sorprendente).
Sceneggiatura e interpretazioni di grande livello (tutti volti da schermo, con le rughe dalla perfetta angolazione; Paul Walter Hauser bravissimo stralunato, stanco, determinato, sciocco sensibile), per un prodotto ad alta densità di hollywoodianità (intrattenimento, thrilling, hi-tech).
Una storia vera, dopotutto, che racconta ciò che deve raccontare (la morale della storia, per chi non l'avesse: BASTA ARMI).
(depa)

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