Art VS Capitalism

Freschi de "Il secondo principio di un artista chiamato Banksy", mostra presso il "Ducale" dedicata al misterioso graffitaro-e-non-solo di Bristol, sabato sera in Sala Valéry s'è optato per il suo documentario "Exit Through the Gift Shop", del 2010. Timorosi del solito esercizio egotistico di un artista, lemme lemme, Elena ed io ci siamo ritrovati a riflettere (ridere e incazzarci) su arte, società, economia e...cinema. Secondo voi, "consigliato" o no?

Sottotitolato "The World's First Street Art Disaster Movie" e descritto dallo stesso autore come "documentario su uomo che voleva fare un documentario su di me", lascia pochi dubbi sulla considerazione dell'artista inglese per quell'altro, francese, che all'inizio era solo un cameraman ("Ci serviva qualcuno che sapesse usare la telecamera...data la volatilità intrinseca delle opere di street art"), poi volle farsi re ("Mi arrampicavo anch'io!", -"Eh ha una scala lunghissima").
Per il resto, fedele alla propria linea, dissacrante e provocatoria ("Se vuoi dire la verità, devi mentire"), il documentario ha la forza di una genuina arte. Quella che scuote con giuste domande risposte serie, plurime. 
"Ci credevano, era la loro passione", dice Thierry, "The cameraman meets Banksy" prima di trasformarsi in MBW..."Life remote control", la grande avventura di MBW..."Se le guardi da vicino...sono righe!!" (facepalm). "La vita è bella". Raramente ho riso tanto per un documentario. Thierry sei un genio, la tua arte è pedagogica: a ognuno il suo, non forzare.
Ma una cosa è il logo (oh bej-oh bej), il vanesio dell'auto-referenzialità maniacale (altro che "vortice dell'arte"). Altra andare a Disneyland a porre un manichino arancione rappresentante un prigioniero di Guantanamo. Considero quest'ultima Street Art. Interlude: negli States, se avvistano un pupazzo bloccano le montagne russe [...] (quale oscuro assillo ormai, o ancora, vi gira in vena?). Andare in Palestina per realizzare disegni murali, a sensibilizzare i benpensanti del pianeta (vedi le patinate generose stelline di Hollyw$$d) sull'abominio che là si perpetra da decenni, sotto gli occhi di tutti, per me è street art.
"Forse è un genio, forse è fortunato, o forse l'arte...è una truffa", dice Banksy di Thierry/MBW, sollevando quesiti che, quindi, si allontanano ben presto dal buffo e volenteroso imprenditore francese. "BRANDALISM". "Non invoglierò mai più nessuno a fare un documentario sull'arte di strada...". E lo capiamo, anche se vorremmo il contrario.

A fine visione una follia fugace, fatta di inventiva e intelligenza (degli autori), e ignoranza (mia), quella di un doc. completamente basato sulla finzione..."pensa se si fosse inventato tutto!". Purtroppo, il suddetto Guetta esiste eccome. Sarebbe stato 10 e lode per visionarietà, resta un 9 e mezzo, per lo spessore delle riflessioni.
(depa)

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