Rackhia Dance

Settimane di riproposte anni '80 ('980), in televisione. Tra le varie, in Sala Valéry il celeberrimo "Dirty dancing", del 1987, diretto dall'italo americano Emile Ardoino (1943-1993). La storia di Baby legnosa in vacanza estiva, alla scoperta dei corpi, del ballo, e un po' di sé. Sogno a occhi aperti delle bruttine, volteggiar con Patrik Swayze, rivaleggiare con un'indemoniata irrefrenabile bionda.

La favoletta giovanile avanza saltellante, tra canoni consunti e passaggi forzati. Bisogna guardarlo con un certo distacco, questo racconto di maternità proibite e festini da un altro mondo (certo non il proprio). Danze travolgenti, cosce e veli spaziano, la carica erotica s'innalza a V lungo lo scultoreo tronco del Patrick di Houston (1952-2009). Il problema comunque, non è una società bigotta ed autoritaria a tirare la corda (non si vedrà uno sbirro, a differenze del successivo ma precedente "PiedeLasco"), bensì un padre scandalizzato da uno che non vuole esserlo (padre). La parentesi è familiare, il perimetro d'un villaggio vacanze. Jennifer Grey, sguardo torvo prima, stupito dopo, ce l'ha col mondo per una bellezza avara (le proverà tutte, a quanto pare, anche nella vita); s'iscriverà alla Gatta Morta University, imparando a non staccare gli occhi dal proprio partner, adone in piroetta, e a strusciarvisi sul far del giorno. Ma diciamolo la vera protagonista è Cynthia Rhode, una di Nashville (1956), una che, se han fatto un film di danza, c'era: il vero successo di Ardoino, oltre l'homevideo, è stato il riuscire a imprimere su celluloide, fermare in immagine, questa scatenata sky dancer biancogialla
Film mediocre, quindi, ma di quelli che hanno lasciato il (almeno su Elena in sala). W la patchanka.
(depa)

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