United States of Reality

Innanzitutto scusa Cinerofum. Giugno vergognoso, cercheremo di rialzare la testa, ché il cinema ha pazienza, ma non celluloide infinita. Debbo ancora parlare di un documentario visto, in due serate da due ore, con Elena in sala Valéry: "Quando si ruppero gli argini" (s.t. "Requiem in quattro atti"), scritto e diretto da Spike Lee nel 2006, un anno dopo che l'uragano Katrina travolse gli Stati Uniti affacciati sul Golfo del Messico, è un grido di rabbia la cui eco non dovrebbe esaurirsi.

New Orleans sommersa: "an american tragedy" per alcuni, per altri, riprendendo uno dei nuovi jingle del Capitale, una "tremendous opportunity" (...fuck). Ecco la shock economy con cui i più sozzi fanno i conti ed i più deboli dovranno far fronte.
Il problema NON è l'impotenza dinanzi alla natura, che anzi, dovrebbe essere un assioma del nostro esistere. Legame da riconquistare, noi supereroi da réclame, per ritrovare la connessione perduta. Semmai è questa silenziosa sotterranea ed idiota pretesa a determinare la nostra odierna inadeguatezza. Ad esempio: non è folle, per salvarsi la vita, provare ad usare uno schermo piatto come zattera. Lo sarebbe non farlo.
Santa Katrina ci ha indicato il ponte di Gretna: eterno monito della sola declinazione possibile, in società capitalistica, del concetto di solidarietà. Stati Uniti tra gioiose bandiere sventolanti su tutto il continente, narrando di un fantasma, quello che dovrebbe tenere unito questo iper abominio sociale dei nostri secoli. Inni e bande, clip "Born in USA" che stimolano commozioni d'accatto. Ma oltre il ponte le porte si chiudono, le spalle si voltano, i fucili si puntano; nel momento del bisogno, quest'ultimo è il mio solo. Ché nelle teste ronza un'equazione irresolubile: vita mea = mors vestra.
Qui dove la retorica, se c'è, è sacrosanta, Spike Lee compie un lavoro doveroso, con sensibilità e rabbia. Ovviamente, è la critica di chi negli USA crede eccome. Nonostante il nodo razzista che, come ben sa il regista di Atlanta, ancora non li lascia respirare. Con gli atti I e II, ci si avvicina alla catastrofe, senza tralasciare il piccolo grande mistero ("niente più di questo, niente più") degli argini fatti esplodere perché venisse allagata la parte povera, a prevalenza nera, della città, salvaguardando quella residenziale, ricca, dei bianchi. Poi atto III: nessuna assistenza. Quale? Da parte di chi? Do You mean TV color for free? (ah giusto, questi trust in god...) Atto IV: la propaganda del Mardi Gras (venghino venghino signori). Consumo su altro consumo, quindi, nella sempiterna omicida illusione che il sistema capitalistico, se non proprio produrre benessere per tutti, possa almeno aiutare a rimettersi in sesto. Dimentichi che "mai la merce sfamerà l'uomo", ci mettiamo in coda verso il luoghi della disperazione. Più per vanità, che per amore. Con l'obolo in mano pronta. Quante Katrine dovranno ancora squassarci?
(depa)

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