E basterebbe la panoramica iniziale, sulla spiaggia punteggiata da brandelli di giornale e carcasse di barche. Ma no, complici la scrittura magica che permette di seguire tutti i balzi ed i cinguettii della sognante protagonista ed una regia sensibile che la scruterà con delicatezza, da una sequenza indimenticabile si passerà ad un'altra ch'è un gioiello. "Io la conoscevo bene", scritta e diretta nel 1965 da Antonio Pietrangeli, è una pellicola di rara intensità sulla solitudine femminile, intrinseca alla società del consumo e dello spettacolo.
Richiami per immagini per questa leggiadra farfalla di provincia. Nei suoi sogni di ragazza i risvegli s'assomigliano. Rimboccate le maniche, le gonne le raggiungono. Senza calcolo, con sincero slancio di giovane viva ("perché s'affeziona"). Celebri le ciniche parole dello scrittore che, a metà circa del film, pronuncerà la dolorosa diagnosi dell'Adriana protagonista. Ma il film traccia una linea propria. Non limitandosi alla solita rappresentazione della civettuola, bensì adornando la protagonista di silenzi, risa, gesti, sguardi in camera anche!, passi di danza, siano tra i campi davanti ai fanali o in pista, che raccontano un'individualità ben più complessa.
Attorno, una dolceamara carrellata sull'Italia degli anni '60. Mani affamate che chiedono una lira, disperate che cercano affetti da divorare, meschine, sozze, altre illuse o fingenti, accomunate da una mollezza morale che affrange. "Lo scusi, sa, in Italia i ragazzi son tutti scemi, sarà stata la guerra, mah!". Una sequenza sulle altre, quella briosa e crudele dove un sontuoso Ugo Tognazzi si fa carico di tutte le umiliazioni terrene ("Su, Baggini ci faccia il treno!"). Adriana distrutta, Sergio Endrigo immenso ipotizza responsabilità per tanto vuoto (fuori dal bancone, in sala, nell'anima). Adriana che reagisce, con volteggi che le chiedono, pure loro!, di lasciarsi baciare. Si dibatte come un'anguilla nel secchio, questa creatura in altre epoche incoronata come sirena. A momenti pare balzar fuori, da tutto. Per niente debole. Sino all'ultimo tuffo.
(depa)
Non resta che ringraziare i "soliti" del Laboratorio Probabile Bellamy (ma sì, i ragazzi dell'indimenticato e mai sostituito "Altrove", causa gratia di istituzioni ed assessori concentrati su mega crociere, daspo e taser). Un'altra grande prova di come conoscano il Cinema lo sappiano donare. Vi abbraccio.
Non resta che ringraziare i "soliti" del Laboratorio Probabile Bellamy (ma sì, i ragazzi dell'indimenticato e mai sostituito "Altrove", causa gratia di istituzioni ed assessori concentrati su mega crociere, daspo e taser). Un'altra grande prova di come conoscano il Cinema lo sappiano donare. Vi abbraccio.
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