In linea col padrone

La settimana scorsa è stata la volta di una pellicola danese diretta da uno sceneggiatore svedese. Sembra una barzelletta, invece è "Il colpevole" di Gustav Möller. La sciocchezza appena scritta può forse condurre, però, aiutare a comprendere l'originale punto di forza di questo film: una scrittura esatta, consapevole del proprio potenziale e della posizione di vantaggio sul pubblico. Il risultato è un thriller psicologico on-line e real-time, cioè in diretta telefonica. Nessun intervento, anche se "pronto", bensì la lapalissiana idiozia degli agenti di polizia.

Le cric c'est chic

Poteva esimersi il Cinerofum dal correre a vedere l'ultimo, delicatissimo (e si parla di cric in da fazz') scritto e diretto da Lars von Trier? No. Avrebbe potuto mai perdersi la poetica messa in scena del regista danese (roba di cadaveri in via di putrefazione)? Tszu, tszu. Come si sarebbe sentito il 'Rofum, privato dei profondi spunti criminologici (l'estetica del massacro) offerti da questo affascinante delirio d'onniviolenza? Come il protagonista, ossessivamente insoddisfatto. Distante migliaia di miglia dal regime dogmatico del '995, Trier prosegue, con acume ed ironia, lungo il percorso delle patologie mentali, qui omicida. "La casa di Jack" (2018, t.o. "The House That Jack Built") dev'essere visto.

Male Show

Saltato il sabato dal cinema verdeoro, compensato con una trasferta spumeggiante in quel di Reggio, domenica sera corro a recuperare il quarto appuntamento della rassegna allestita dai ragazzi dei "Cappuccini". "Bingo: il re delle mattine", film del 2017 che rappresenta il debutto alla regia del 44enne Daniel Rezende, più noto come montatore, ha un appeal indiscutibile (la Warner Br. non se l'è fatto scappare). Il tòpos del pagliaccio triste, rivisitato in chiave sballata, offre l'ennesima prova di quanto sia distorta, disumana la società dello spettacolo, dentro cui ormai tutti ci aggiriamo incoscienti. E (in) felici.

Piccoli grandi valori

Ai "Cappuccini" è iniziata ieri la rassegna "Agenda Brasil", qui alla seconda edizione, dedicata al cinema brasiliano. Ad aprire la samba, "La collezione invisibile", del 2012, di Bernard Attal, francese classe 1965, trasferitosi da una quindicina d'anni in Brasile. Patrocinata da una sfilza di istituzioni, aziende ed associazioni dedite al denaro, quindi allo sfruttamento, questa simpatica e graziosa pellicola prova a beffarci con buone parole sui valori autentici.

Soap Africa

Tremendo quando ho deciso di chiacchierare col povero Bernardo Bertolucci. Povero perché dipartito, non certo per quanto raccolto, prima e dopo il percorso, da critica e pubblico. "L'assedio", del 1998, acclamato come "gioiello", sul 'Rofum viene stroncato non meno del precedente buddista. Tanto lavoro alla regia, per un'opera finalmente grezza, ammorbata da un'atmosfera leggera di certo non voluta.

Piccole reazioni distorte

Nel mirino da una settimana, ieri sera è stato il turno di un film marocchino, che rappresenta l'esordio alla regia del suo autore. Autrice: Meryem Benm'Barek-Aloïsi, trentacinquenne di Rabat, con "Sofia" s'è aggiudicata il premio come miglior sceneggiatura all'ultimo festival di Cannes (Sez. "Un certo riguardo"). Gravidanza ai nostri tempi in Marocco, un intrico di vetuste leggi ed imposizioni religiose, si sa, non resta che raccontare come questa condizione già malata possa essere aggirata e peggiorata da ulteriori deformazioni dell'individuo, complice una società incapace di non prevaricare.

Calcoli e soluzioni

Manco il tempo di...e ancora sala Valéry. Domenica scorsa s'è fatta ospitale ed oscurata, contro quel solaccio pomeridiano là fuori, pronta ad accogliere le due anime nei paraggi (Mino e me). Dopo proposte variegate, è un certo impegno cinematografico che ci prefiggiamo, quindi: esordio del regista partenopeo Mario Martone, avvenuto nel 1992, "Morte di un matematico napoletano" trasuda l'attenta sensibilità nella realizzazione, calandoci nel lento disfacimento di una mente profonda e ferita, sino alla sua fatale consunzione.

Maturi infanti

"Valéry (la sala), se ci sei, batti un colpo!" La nostra non si fa pregare e, sabato in pieno pranzo, si mette in moto da sé, proseguendo lungo il boulevard Claude Sautet. Nel 1971 il regista francese specializzato in turbe rosa realizzò "Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre" (non è uno scherzo, t.o. "Vincent, François, Paul...et les autres"), un drammatico romantico delicato e profondo, dove mostri sacri dell'interpretazione cinematografica d'Oltralpe poterono spremervi tutto il proprio mestiere. Eterni giovincelli, i protagonisti si ritrovano a tirar le somme, tra rimpiante ed abbandonate, quasi convinti si sarebbe potuto fare meglio: ma la vita è così.