Piccoli grandi valori

Ai "Cappuccini" è iniziata ieri la rassegna "Agenda Brasil", qui alla seconda edizione, dedicata al cinema brasiliano. Ad aprire la samba, "La collezione invisibile", del 2012, di Bernard Attal, francese classe 1965, trasferitosi da una quindicina d'anni in Brasile. Patrocinata da una sfilza di istituzioni, aziende ed associazioni dedite al denaro, quindi allo sfruttamento, questa simpatica e graziosa pellicola prova a beffarci con buone parole sui valori autentici.

Negli efficaci titoli di testa, ben sintetizzata la tesi della pellicola: nella distrazione delle città poca speranza di riappropriarci di noi e di difendere del pianeta in cui viviamo.
Canovaccio tratto dallo scrittore austriaco Stefan Zweig (1881-1942, curioso: suicidatosi con la coniuge proprio a Rio de Janeiro, «Abbiamo deciso, uniti nell'amore, di non lasciarci mai», ricordando la fuga solitaria dei due anziani di questo film); col benestare di Petrobras (90 miliardi USD nel 2018), un film di buoni sentimenti, dove i ragazzi capiscono che c'è altro oltre la disco ("...forse un po' il sabato sera"...), soprattutto in campagna tra i poveri...Mi verrebbe da chiedere, alla tenace figlia del film, o alla regista in sala, come vede i crimini ambientali della mega compagnia petrolifera brasiliana. Che poi il punto sta proprio lì, nel ritenere la bella scontrosa davvero come tale, o alfine, come una giustamente incazzata per le ricorrenti pieghe che la vita prende sotto i colpi dell'interesse economico; quindi senza alcun bisogno di mostrare sensi di colpa verso chi, invece di prendere posizione, prosegue con molle inerzia nell'annichilimento individuale (e sociale). Difatti solo senza acquisto (o vendita), il simpatico protagonista può aver visto cose mai viste.
A parte queste considerazioni, il film è godibile, attento agli scivoloni che il 'Rofum tanto aborrisce, avanza con buon ritmo, senza scostare salubri silenzi, dialoghi secchi e personaggi bizzarri, ricordando così le affascinanti e poetiche atmosfere del celebre romanziere di Itabuna (la "sua" Ilheus verrà fugacemente citata). Esemplare, in questo senso, la sequenza clou in cui il vecchio Samir, interpretato dall'icona carioca Walmor Chagas (1930-2013, qui all'ultima prova, prima di suicidarsi pochi mesi dopo), sfoglia la coleção invisível: a dire che, in qualche modo, la parola può essere un surrogato accettabile dell'immagine.
Un "volemose bene", come diciamo "noi" del 'Rofum, asciutto quanto basta.
(depa)

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