Ed eccoci all'ultimo, scabroso e discusso, Lars Von Trier. Ho aspettato di vedere anche il Vol. 2 di "Nymphomaniac" ritenendo che, per giudicare quest'opera, non fosse possibile non disporre del tutto. Si tratta di una vera e propria malattia mentale, con la quale, come tante altre simili, ci è permesso riflettere su temi alti (gli stessi che la causano), ci è imposto di non girarci dall'altra parte.
Come tutti sapranno, la versione uscita nelle sale in questi giorni, è una versione "censurata" (4 ore anziché 5 e mezza) e, una disascalia iniziale avverte, doverosamente, che il regista non ha partecipato alla realizzazione dei tagli, ma l'ha accettata. Come dire tutto o niente. Come dire "io ve lo dico", che per noi cinefili suona come "ok, aspettiamo la versione completa" (che uscirà, dicunt, a fine anno, chissà dove). Ma qualche rapida impressione può essere rilasciata, anche perché nutro ben poche garanzie sull'uscita dell'opera completa (le sale italiane si sa...)
Il film non delude certo chi si aspetta, dal controverso regista danese, la solita onda d'urto contenutistica. Forse, a voler fare i criticoni, lo fa sul piano stilistico, venendo meno il consueto tentativo di percorrere metriche cinematografiche differenti. Quindi, chi guarderà questa pellicola, ne accoglierà, sì, una fotografia personalissima, ma riportata su un piano realistico ben lontano da quello immaginifico, onirico messo in scena nel precedente "Melancholia". In questi termini, non credo che il film sia autoreferenziale o autocompiacente: di proibito, dopotutto, c'è poco e, di (sterilmente) innovativo, anche. Casomai, secondo me, manca proprio un pizzico di auto-.
Con lucidità ed ironia (e qualche sassolino rimosso dalle scarpe imposte da ipocriti critici alla rincorsa dell'effimera visibilità, come il passaggio su anti semitismo e sionismo, o sul termine "nigger"), Von Trier butta in faccia quel lato oscuro del sesso che si vorrebbe sempre e solo sfiorato. Ancora una volta, la suddivisione in capitoli permette quel respiro che, diversamente, sarebbe apnea. La musica classica ad elevare la drammaticità di una condizione insostenibile (quanto meno per la protagonista); la similitudine, qui affascinante, lì nebulosa, a permettere salti riflessivi che coprono distanze altrimenti inimmaginabili.
Per quanto riguarda le polemiche sull'uso di controfigure per le scene "hard" (invero, nella versione attualmente distribuita, abbastanza irrisorie) e sulla scelta di suddividere il film in due volumi, chioso: le controfigure ci sono sempre state (stuntman?), forse che qui si parla di sesso esplicito e quindi sarebbero maggiormente richieste? Mi pare un modo sterile per tenersi compagnia: come dire che per ogni tema affrontato si debba percorrere la strada di un iperrealismo più "reale del re"; tossicodipendenza con veri drogati? malati e sfruttati raccattati tra cliniche e campi di pomodori? Può darsi, a ciascuno il proprio gusto, ma impostare una critica cinematografica su tale cavillo non mi da soddisfazione. Secondo punto: dovrei credere che il regista insegua il botteghino (attualmente circa 5000 anime per il vol. 2, 25.000 euro circa)? Concedere che un film del genere non venga proiettato sotto forma di 4 ore mi pare comprensibile: quanti sarebbero stati, altrimenti, gli spettatori? Poi Lars...no, lo vedo più testardo ed autentico.
E' un film che consiglio perché (essendo un Lars Von Trier), nell'attuale panorama delle sale cinematografiche, risulta un unicum che non dovrebbe essere schivato.
(depa)
Il film non delude certo chi si aspetta, dal controverso regista danese, la solita onda d'urto contenutistica. Forse, a voler fare i criticoni, lo fa sul piano stilistico, venendo meno il consueto tentativo di percorrere metriche cinematografiche differenti. Quindi, chi guarderà questa pellicola, ne accoglierà, sì, una fotografia personalissima, ma riportata su un piano realistico ben lontano da quello immaginifico, onirico messo in scena nel precedente "Melancholia". In questi termini, non credo che il film sia autoreferenziale o autocompiacente: di proibito, dopotutto, c'è poco e, di (sterilmente) innovativo, anche. Casomai, secondo me, manca proprio un pizzico di auto-.
Con lucidità ed ironia (e qualche sassolino rimosso dalle scarpe imposte da ipocriti critici alla rincorsa dell'effimera visibilità, come il passaggio su anti semitismo e sionismo, o sul termine "nigger"), Von Trier butta in faccia quel lato oscuro del sesso che si vorrebbe sempre e solo sfiorato. Ancora una volta, la suddivisione in capitoli permette quel respiro che, diversamente, sarebbe apnea. La musica classica ad elevare la drammaticità di una condizione insostenibile (quanto meno per la protagonista); la similitudine, qui affascinante, lì nebulosa, a permettere salti riflessivi che coprono distanze altrimenti inimmaginabili.
Per quanto riguarda le polemiche sull'uso di controfigure per le scene "hard" (invero, nella versione attualmente distribuita, abbastanza irrisorie) e sulla scelta di suddividere il film in due volumi, chioso: le controfigure ci sono sempre state (stuntman?), forse che qui si parla di sesso esplicito e quindi sarebbero maggiormente richieste? Mi pare un modo sterile per tenersi compagnia: come dire che per ogni tema affrontato si debba percorrere la strada di un iperrealismo più "reale del re"; tossicodipendenza con veri drogati? malati e sfruttati raccattati tra cliniche e campi di pomodori? Può darsi, a ciascuno il proprio gusto, ma impostare una critica cinematografica su tale cavillo non mi da soddisfazione. Secondo punto: dovrei credere che il regista insegua il botteghino (attualmente circa 5000 anime per il vol. 2, 25.000 euro circa)? Concedere che un film del genere non venga proiettato sotto forma di 4 ore mi pare comprensibile: quanti sarebbero stati, altrimenti, gli spettatori? Poi Lars...no, lo vedo più testardo ed autentico.
E' un film che consiglio perché (essendo un Lars Von Trier), nell'attuale panorama delle sale cinematografiche, risulta un unicum che non dovrebbe essere schivato.
(depa)
post scriptum: Buon Primo Maggio dei Lavoratori.
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