Al via, allo Spazio Oberdan, la rassegna annuale dedicata al cinema israeliano. Questa sera, dopo averci spiegato col documentario "Six million and one" (senza che peraltro ve ne fosse bisogno) che ognuno accoglie il dolore alla maniera propria (film della memoria da vedere in ogni caso, autore David Fisher), è stata la volta del secondo film di Eran Kolirin, regista di quel delicato, divertente, profondo "La banda" che colpì la critica cinematografica (2007). "The exchange" azzarda, gioca alto ma gioca, se non bene, in ogni caso non male.
Cinema non nuovo, certo; se questa "ondata" israeliana viene definita "nuova", si vuole proprio indicare che il percorso è nuovo per chi lo percorre. Il tema dell'Alienazione, figlia di Abitudine e Inerzia, ci è stato raccontato da molti registi, tra cui indubbiamente i più grandi. La distanza infinita che può irrompere in quel metro che sta tra due individui è, a ben vedere, il filo conduttore di un vero e proprio genere, alla pari dei "western" e dei "drammatici". Nessuna invenzione quindi, ma l'occhio del regista israeliano di questa pellicola è indubbiamente sensibile e attento. Ambizioso, a tratti ironico (risate sentite in sala non giustificate, comunque), elegante in alcuni passaggi della m.d.p., conduce lo spettatore alla riscoperta di un'oggettistica nuova, sempre aggiornata, ogni giorno con lo sguardo della nuova alba. Vi è capitato di vedere i luoghi di tutti i giorni da una prospettiva non più in asse con l'abitudine? A tutti coloro che possono provare il dubbio, che riescono a staccarsi da sé per vedere da posizione nuova tutto l'attorno, può capitare di voler "provare", di compiere un gesto; Il Gesto, diverso per ciascuno. Una pinzatrice dalla finestra, "o la va o li spacca". Una segreta notte nel bunker antiatomico giù in cantina, un po' ritorno allo stato infantile, un po' ricerca del tempo perduto. Rispetto a "La Banda", qui il vuoto è più individuale, la distanza è tra membri soli di una società che ha imparato ad ignorarsi; là emergeva maggiormente la distanza tra comunità intere (gruppi, orchestrine), spesso vittime spaesati di regole di gioco incomprensibili.
Così come "roba mai vista!", di questo film è anche difficile dire male.
(depa)
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