Dopo aver scritto bene del pazzo treno indiano di Wes Anderson, con solo un "-" sul registro, ora mi sento meno colpevole nell'accanirmi un pochetto contro il suo secondo lungometraggio: "Rushmore" è un film del 1998 e, se mostra già in nuce la voglia di divertire con situazioni assurde e imbarazzanti, non ne testimonia ancora la capacità. Giudizio personale, sempre.
Mentre la sala rideva di gusto ad ogni "impresa" del protagonista, tra audaci slanci e conseguenti imbarazzi, la mia irritazione cresceva, la mia domanda "dove vuole andare a parare?" non riusciva ad accontentarsi della banale "crescere è difficile". Se non ci fosse stato il mitico Bill Murray (quando "stoppa" uno dei ragazzini è geniale), avrei sofferto ancora di più. Ehi, nulla di gravissimo eh, ma questo mi è sembrato un film per ragazzi, con qualche venatura "senza età" certo, ma che va a scomparire nella confusione di questa storia raffazzonata qua e là. Il sospetto è che i primi (e gli unici, di qui la critica) a divertirsi siano stati gli autori, regista e protagonista in primis. Il regista in quanto ri-catapultato (a 29 anni) nei pressi del suo liceo a rievocare personaggi e situazioni, il secondo poiché ancora in quell'età (19).
Ok, bel personaggio questo Max Fischer (da schiaffoni in faccia, comunque) però rappresenta una scommessa azzardata: o ci si ritrova a ridere alle prime battute, o ci si rassegna a passare due ore di noia. Perché di arguto nelle battute che popolano il film c'è poco, anzi, si gioca proprio sulla ingenuità o sull'aggressività del protagonista (latino come Centro America e non come lingua, oppure "sì sull'unghia di tuo marito, allora unghia morta" tanto per capirci). Inoltre, come detto, mancano ancora quei tòpoi che diverranno marchi di fabbrica del regista: musica e corpi accordati sui movimenti macchina, fotografia ammiccante.
Se volete approfondire il regista va bene, altrimenti, secondo me, c'è altro in giro, sul Pianeta Cinema.
(depa)
Nessun commento:
Posta un commento