Extra: Banane senza tempo

L'altro ieri sera, in sala Uander, Woody Allen è tornato a trovare il Cinerofum portandoci la sua terza impolverata pellicola che ha sfoderato assieme a una fugace lacrimuccia aggrappata alle sue rughe; aria di album di famiglia sul divano e, Elena e io, non abbiamo fatto fatica a stringerci attorno al regista newyorkese, sia per un senso di gratitudine, sia perché guardare "Il dittatore dello stato libero di Bananas" implica ogni volta passare un'ora e mezza di humor esilarante, irriverente, intelligente, fantasioso, in una parola: Woody.
Esilarante perché è umanamente impossibile trattenere le risa guardando l'omuncolo Woody "Mellish" alle prese con l'innovativa palestra da ufficio, o bloccare i muscoli facciali nell'osservarlo mentre con nonchalance sceglie riviste culturali...e tanto altro.
Irriverente perché girare un film così negli USA 1971 non era cosa da... Fielding Mellish tanto per capirci; e non solo perché il regista mette a nudo le incongruenze e le vere e proprie ingiustizie (finanche delitti) del proprio "padrone di casa", "datore di lavoro" o come preferite; ma anche perché la sua ironia volge la mira anche contro i facili entusiasmi giovanili che a busta chiusa (per questo si dicono facili) accompagnano, a volte, percorsi pseudo-rivoluzionari che scivolano nei biechi interessi personali (o semplicemente folli: "D'ora in poi si parlerà svedese!"). Sanità menefreghista, mass-media curiosi e aggressivi...e tanto altro.
Intelligente perché è acuto nel mostrare i giochi di potere, addirittura prevedibili per chi non li nasconde a se stesso, con cui gli equilibri mondiali vengono spostati; non viene affrontato un argomento lasciandolo a penzoloni, ma viene esposto anche l'ultimo risvolto (sottolineo che è un film classificato "comico"), anche se meno accattivante (per ciascun rappresentante delle varie parti delle barricate); perché il dito puntato contro è sempre accompagnato e sorretto da corpo e cervello, oltre che da un ghigno con gli occhiali spessi.
Fantasioso perché bisogna essere visionario per concepire il sogno dei crocifissi (che verrà ripresa dal "Fantozzi"); o per pensare a questo film, è sufficiente, giuro.
E, non meno importante, questo film è "anche" Woody, cioè quell'attore che aggiunge sempre il suo "più" di grande comico, con espressioni facciali e battute farfugliate che fanno cadere gli spettatori in sala (sentite il suo "tamponi" nella sala chirurgica...oppure gustatevi il "dialogo dell'addio" con l'amata, ai giardinetti: ho avuto la sensazione che improvvisassero, tanto è facile dire cose assurdamente divertenti se ti trovi con Woody Allen).
Tutte parole abbastanza inutili per coloro che l'hanno già visto; stimolanti, spero, per coloro che non conoscono questo film tristemente eternamente attuale.
I primi Woody Allen sono "qualcosa" di eccezionale.
(depa)

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