Ieri sera, in sala Uander, è stato proiettato un filmone spettacolare di quasi 3 ore che snobbai tenacemente quando uscì nelle sale: "Avatar". Col senno di poi, mi pento della scelta che feci due anni fa, vedendo le sale invase da orde di appassionati di mondi fantastici (da me stereotipizzati in varie sotto-categorie), di voltarmi e camminare in senso opposto. Tra i vari "contro" del mio narcisismo figura anche quello di non aver visto l'ultimo film di James Cameron al cinema, magari in 3D.
Il regista che viene dall'Ontario, classe 1956, è un vero appassionato di fantascienza ed esperto di effetti speciali; ormai sono passati quasi 30 anni da quel "Terminator" con cui presentò al mondo la propria vena creativa, sia sul piano narrativo, sia su quello tecnico. E se da una parte il regista non ha perso per strada la propria visionarietà, dall'altra il tempo è trascorso accumulando bagagli tecnologici che hanno permesso al nostro di poter realizzare i propri sogni. Uno di questi è proprio l"Avatar" di cui sto scrivendo. Lunghi anni di ideazione, di schizzi buttati giù, di ricerche tecnologiche...per arrivare a mostrarci un "Pandora" così, un intero pianeta in altissima definizione in cui, se non ci sarà permesso proprio di scorazzare in libertà causa fauna locale leggermente suscettibile, di certo potremo spaziare con la fantasia, avventurandoci nella rigogliosa giungla o inerpicandoci verso le meravigliose montagne fluttuanti Alleluia.
Il film è avvicente perché la spina dorsale della trama, che non è l'innovazione fattasi canovaccio, mantiene però le tappe basilari di qualsiasi narrazione epico-mitologica (ho anche scoperto che esiste il genere going-native, e.g. "Balla coi lupi"), e tant'è che, quando s'intravede all'orizzonte la battaglia finale, il pubblico incrocia gli sguardi: "Mi sa che scoppia un casino" è la frase non detta. La tecnica digitale che sta dietro al film, quella sì, è innovativa eccome, le panoramiche aeree su cascate immense, vallate incontaminate e montagne su cui vien voglia di fuggire, mozzano il fiato dello spettatore, avvolgendolo e sparandolo, bozzolo sognante, in quest'altra, lontana, misteriosa dimensione ideata da Cameron. A saldare il tutto, assieme a trama e "scenografia", sono alcuni scelte: l'idea di dare al protagonista le sembianze di un ragazzo in carrozzella, la trovata della scienziata che parte con tutti gli scetticismi possibili verso il protagonista, il fatto che gli umanacci vengano semplicemente rispediti a casa (ecco, in tal senso, la meno azzeccata è quella del collegamento tra le forme viventi tramite filamenti energetici "USB", stranamente banale). Oltre quanto già scritto, c'è tutta un sottobosco di significati nascosti, di metofore più o meno velate. Le similitudini con gli errori (e i valori, perché no) già perpetrati nelle epoche dagli uomini, sono abbastanza evidenti; questo non vuol necessariamente che lo spettatore cambi direzione, anzi, molti tireranno dritti accelerando, ma ciò non toglie merito al tentativo.
I messaggi li lascio a chi guarderà il film, io posso solo consigliarlo perché siano ancora meno coloro che non hanno ancora visto questo che è, innanzitutto, intrattenimento.
(depa)
ps: comunque il "cattivone" è davvero una bestia, non molla un secondo!
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