Ormai in sala Uander, avendo programmato un altro mattoncino del muro cinematografico del regista danese, i presenti sanno già cosa attendersi: io ed Elena, un po' emozionati, un po' spaventati, premiamo play e aspettiamo che il penultimo lavoro di Lars von Trier ci travolga: "Antichrist", del 2009. Altro che travolti! Al termine della pellicola, dopo "svenimenti multipli", fughe sotto-coperta (ma al cinema come diavolo faceste?) e fulminee virate di capo, i due spettatori restano come stracci sul divano, in attesa che passino quelli del lavaggio strade...
Allora: la sequenza iniziale è maestosa; checché ne dicano i vari "dizionari viventi", quel "Lascia ch'io pianga" è una vera e propria sinfonia cinematografica, con tutti i venti e i mari chiamati a rapporto, per dar potenza erotica, fisica, estetica, drammatica ad un incipit che, per quanto possa sembrare ambizioso e, quindi, per i detrattori della pellicola, anche ridicolo, deve essere annoverato tra quelli che hanno osato, quelli che, estratti singolarmente dalla pellicola, hanno gambe forti per incamminarsi da soli.
In questo film il regista danese continua col suo schema abituale, suddivisione in capitoli introdotti da schermata grafica con titolo, e, come al solito, io ringrazio che ci siano quelle pause per poter riaffiorare e dare due boccate. Dopo il prologo, il primo capitolo prosegue con medesime tensione emotiva ed originalità: un funerale è seguito con la mdp dall'interno del carro funebre, con tanto di suoni ovattati sulla scena esterna...ecco: questo il biglietto da visita di questo "Antichrist".
Poi il film, a volte perdendosi un po' su qualche simbolismo un po' criptico, almeno per il sottoscritto che non è cresciuto a pane e satana, racconta una vera e propria discesa agli inferi di una donna che non ha retto, ma forse non è mai stata in grado. E con lei scende a braccetto l'uomo che le stava vicina: ci scommetto, il regista definirebbe provocatoriamente la pellicola "una storia d'amore" e, per certi versi , avrebbe ragione.
Perché delimitare il film con una trama logica non ha significato; se proprio volete: a una coppia muore il bambino, lei ci scappa di testa, lui prova a redimerla ma alla fine sbrocca pure lui vedendo che forse lei l'ha fatto apposta. Oppure: il regista ci vuole comunicare che anche le sicurezze più solide erette nella vita di un uomo non possono nulla contro la natura violenta della natura stessa; chi conosce davvero le strade dell'uomo? Chi può prevedere esattamente il punto in cui la tangente partirà, allontanandosi fino sparire?
E' vero che qualche esagerazione c'è, ma sappiamo come von Trier osi più di altri; che si possa scottare ci può anche stare, non accettarlo sarebbe da ingrati; sono scoppiato a ridere, eccome, quando la volpina spelacchiata ha eslcamato "Il caos regna!", ma anche a Billy Wilder è capitato di far ridere la sala girando una scena che avrebbe dovuto impressionare (una spettatrice infierì: -"Ha mai visto una schifezza simile?", -"No signora, mai."); senza rischiare di mescolare mostri sacri e tirocinanti. Così come, a volte, l'autore ricorda proprio uno sbruffone di Begato, strafottente ma perso e vuoto; ma se il gossip spicciolo avesse ragione e durante le riprese l'autore fosse stato davvero in un "periodo no", allora questo sarebbe il film più "sentito"...
In qualche modo, in "Antichrist" s'intravede quel "Melancholia" che ne rappresenterà, per me, il prefezionamento (scene digitali a profusione senza però avventurarsi su piani evidentemente disomogenei, come quello violento dell'horror); tra prima parte e seconda parte il lento e inesorabile passaggio delle ansie di un individuo ad un altro.
Concludendo, per entrare in sala emmettendo brontolii come La Linea di Cavandoli, potete anche lasciare perdere; se le opere del danese vi hanno travolto o, almeno v'incuriosiscono sinceramente, allora vi consiglio la visione di questo "Antichrist".
(depa)
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