Extra: Ladri di biciclette a Kabul

Ieri sera in sala Uander ha fatto il suo ingresso anche il cinema iraniano; come presumibile, in sala non c'era il pienone: Elena, Zippino, Depa. Ma nessuno, nonostante la stanchezza, si è permesso di allentare la palpebra. Perché sin dalle prime immagini si viene catturati, innanzitutto da un'atmosfera a cui non siamo molto abituati, in secondo luogo dagli occhi dei due piccoli protagonisti di "Piccoli ladri" di Marzieh Meshkini, del 2004.

Extra: Angeli dipinti da Wong Kar-wai

Ciao Cinerofum, vorrei parlarvi di un film che abbiamo visto in sala Uander qualche giorno fa; tre i presenti. Ele, Depa e Zippino. Ancora coi postumi del bellissimo di Kitano, sono riuscito a somministrare un'altra pillola, facendo leva sull'appetibilità di altre storie di nuovi gangster. Ma la verità è venuta ben presto a galla: dalla terra degli yakuza ci siamo spostati ad Honk-Kong, e il regista cinese Wong Kar-wai ci ha spiegato, con una pennellata tutta sua che lo innalza tra i grandi autori della Settima, che il proiettile che si allontana dall'arma è solo la proiezione di una nostra "angoscia metropolitana", il manifestarsi di una violenta ricerca di contatto con altro da sé, anche se terminale, senza proseguio: "Angeli Perduti", del 1995.

Boiling Point

Seratina LXXVI:
Ieri sera in tre e mezzo in sala Uander: io, Zippino e Mr. Brown. Siamo alla canna del gas. Non lo sarà mai la nostra "Settima"! Soprattutto se a raccontarcela, belli comodi sul divano, continueremo a invitare pezzi grossi come l'originale regista giapponese, classe 1947: Takeshi Kitano. Nel 1990, Takeshi "Beat" (ereditato dal periodo in cui si cimentò in tipici spettacoli giapponesi ricchi di gag), sfoderò la sua seconda opera: "3-4x in novembre", punteggio d'una partita di baseball in cui gli ospiti vincono all'ultimo (minuto/partita?). Titolo azzeccato, fuori dall'Impero del Sole venne distribuito come "Boiling Point - I nuovi Gangster" che, devo riconoscere, non è poi così fuorviante.

Il ritorno

Cinesoirée LXXV:
Il Cinerofum, la scorsa settimana, ha rialzato la testa, e lo ha fatto scegliendo un film che, già nel titolo, testimonio la ripresa dell'iniziativa, sancita dal ritorno di uno delle colonne portanti: sì, il Tiger è tornato, è stato liberato, è riuscito a scappare dal Regina Coeli e a raggiungere la sala Uander: "Il ritorno" dell'esordiente regista russo Andrej Zvjagincev, Leone d'Oro 2003.

Extra: Uno dei pochi Arnold

Qualche sera fa, finito il "punto" su RaiNews, mi cadde l'occhio su un titolo in programmazione in prima serata. Il film è uno di quelli che rischiano di annegare negli anni, è una nebulosa che riporta indietro di anni, quando in Vico del Duca una radio sparava continuamente il vento di cambiamento degli scorpioni. Insomma, in quegli anni tozzi e rotondi come le cifre che li distinguono, i film che noi babanetti divoravamo (tra pacchi enormi di wafer al cioccolato, i Robinson e la sigla iniziale di Colpo Grosso) non erano il massimo per tecnica e poetica, ma cibo nutriente per fantasiofagi insaziabili. Tra questi ci fu "L'implacabile" (Running man)...

Apocalypto

Filmserata LXXIV:
Ieri sera, per la seconda volta, il Cinerofum è stato tenuto in vita solo da personaggi del calibro di Mr. Brown e Ricky "Gargano", onore a loro per il fatto di scendere in campo proprio quando le cose sembrano volgere al peggio. Io e la Ele al loro fianco. Questa volta, il regista introdotto nella mitica sala Uander è l'attore/regista americano Mel Gibson, ed il film che ce lo ha presentato è stato "Apocalypto", del 2006. Quarto lavoro del regista, in linea coi suoi precedenti (che dovremo "rinfrescare"), ricordo che generò qualche discussione...riguardo a cosa non mi è chiaro: è un film, e non è nemmeno così malaccio.

Extra: Le maschere di Bergman

Ieri sera il 'rofum era distrutto. La sala Uander ormai è da monumento, Stalingrado della Settima, alza un bandierone di Ingmar Bergman: "Persona" del 1966; e resiste.
Film impossibile. Film sul volto come espressione, non già dell'inconscio, neppure delle proprie emozioni, ma espressione del baratro. E' un gioco pericoloso quello che ci propone il regista svedese, si rischia. E grosso.

Extra: La prima di Jimmy

Qualche giorno fa ho beccato su "Universal Studio" un film il cui titolo viene fuori ogni tanto parlando di cinema, quindi, mi sono detto: "Devo conoscerlo, per capire di che si parla...". Il film in questione è "La valle dell'Eden" di Elia Kazàn, del 1955. Pellicola significativa per vari motivi: è il primo di quei soli tre film, girati in due anni, che resero James Dean quello che è diventato (mito, leggenda, icona, prototipo del tamarro, a voi la scelta), è il primo film a colori, del regista americano (di origine elleniche), il suo primo film girato in Cinemascope e a Hollywood.

Extra: Kubrick e La Guerra

"Full Metal Jacket". 1987. Stanley Kubrick. Difficile scrivere qualcosa sul film perfetto. Però si potrebbe provare a spiegare perché la fama che avvolge un film, per una volta, non sia frutto di un marketing ben studiato, o di un abbaglio del grande pubblico. La penultima opera del regista americano, sette anni dopo "Shining" e dodici prima dell'ultimo "Eyes Wide Shut", risulta un film solido, completo, che vive da sé...

Extra: Chiara, Risi e il Lago

Un'altra volta Dino Risi e Ugo Tognazzi assieme. Grandissimi. Nel 1977, Risi racconta un libro di Piero Chiara e avvolge il pubblico, con l'ausilio di un Tognazzi da manuale, in un'atmosfera grigio lacustre, impregnata di odori propri del Maggiore, di legno bagnato, di ville lasciate un tantino andare..."La stanza del vescovo" è un piccolo gioiellino, da gustarsi con l'eco dei racconti di Chiara, Vitali e altri, nelle orecchie, portata dai venti dei laghi.

Extra: A fuoco la cultura!

François Truffaut nel 1966 si addentrò nel genere fantascientifico, traducendo in pellicola le pagine del terzo romanzo dello statunitense Ray Bradbury: "Fahrenheit 451". Appartenente al primo periodo della produzione del grande regista francese (è il suo sesto film), testimonia il suo grande coraggio, cimentandosi, coi mezzi messi a disposizione dall'hollywodiana "Universal" in un film che appartiene ad una categoria non proprio tra le sue. E, forse, il risultato lo conferma...

Extra: Luci ed ombre delle città

Altro giro, altro Charlot. Sir Charles Chaplin, nel 1931, rimase aggrappato con le unghie al muto, alle espressioni incontaminate, ai sentimenti manifesti e non suggeriti. "Luci della città", non mi ha entusiasmato come altri film del regista ("La febbre dell'oro" , "Il Monello", "Tempi Moderni") ma conserva la delicatezza tipica del personaggio Charlot, con l'aggiunta di una smorfia proveniente dal regista stesso, dietro le quinte, malinconicamente conscio della morte del suo "muto".

The Killer

Filmsoirée LXXIII:
Ieri sera al rofum, per rinfoltire un po' la truppa, abbiamo arruolato pure Mr Brown, fate vobis. Fortunello il nostro compare di Paderno Dugnano, dal momento che, per l'occasione, ha fatto ingresso nella nostra iniziativa un grande rappresentate della Settima, proveniente dell'estremo oriente: John Woo. Il regista cinese si presenta in sala Uander con una delle sue pellicole più rappresentative: "The Killer", del 1989. Americanata o capolavoro, film culto o  stra-sopravvalutato, pagliacciata al sapore d'albero di pesco o originale rilettura dei grandi polizieschi..."The Killer" deve essere visto.

Extra: il Malick peggiore

Parliamo un po' di questo "capolavoro" del regista statunitense Terrence Malick, fresco vincitore dell'ultimo (il 64°) Festival di Cannes: "L'albero della vita". Il grande regista "di culto" (eh sì, da ieri sera anche per me questo tizio è un genio, poi capirete perché) si permette di strappare la Palma d'oro ai Fratelli Dardenne ("Il ragazzo con la bicicletta", quello sì, è un grande opera) con un film irritante quanto imbarazzante.

Mio zio d'America

Recensione LXXII:
Super solitario il cinerofum questa settimana! Sento odor di debacle per il nostro amato cinerofum. Ma una ventina di mesi di film di altissimo livello ed un metodo investigativo cinematografico ormai avviato possono concludersi con un "missione compiuta". Ieri sera, chissà in quale sala, ha fatto ingresso nella nostra moribonda iniziativa un grande regista francese, classe 1922, tra pochi giorni novantenne: Alain Resnais. Il film è "Mio zio d'America" del 1980.

I figli della violenza

Riunione LXXI:
Ieri sera in sala Sbargioff: Albert Aporty, Doris, Elena ed io. Luis Buñuel, nel 1950, fase messicana della sua produzione, girò "Los olvidados", tradotto più che liberamente in italiano con "I figli della violenza". Angosciantissima analisi sulla lotta tra poveri, il regista spagnolo imbraccia il neorealismo per narrare l'incapacità umana ad amare, l'impossibilità istintiva dell'uomo a non scagliarsi contro il vicino. E' di una forza unica questo film, in cui ragazzi di strada sono "educati" dalla violenza alla violenza, come unica forma di sopravvivenza; Buñuel, lo dice nella nota introduttiva una voce fuori campo, non vuole dare alcuna soluzione, solo mettere tutte le carte in tavola, mostrare come stanno le cose.

Serpico

Incontro LXX:
Ieri sera, in sala Uander, tributo al regista di Filadelfia, scomparso meno di un mese fa: Sidney Lumet. A vedere, concentratissimi, la sua creatura più celebre, eravamo in quattro: Depa, Lelena ed i due Albert. Sullo schermo "Serpico", 1973. Grande opera di denuncia, risulta un elegante mix tra fedele documentario e schietta narrativa. Impressi nelle retine, cappelli da sbirri del NYPD, strade del Bronx con idranti che tutto allagano,...

Extra: Bianca fumata di Moretti

Prime impressioni a caldo sull'ultimo film del regista di Brunico, Nanni Moretti: "Habemus Papam".
Più positive che negative. Moretti riesce, come spesso succede, a far sorridere e pensare. Nelle scene a cui prende parte, lo spettatore non può rimanere impassibile alla sua mimica ed al ritmo delle sue battute, incalzanti ed acute (più o meno velate)...

Extra: Sotto il Vesuvio anche ciò che non luccica è oro...

Ueila 'Rofum...buon 1° Maggio dei lavoratori a tutti, anche se in ritardo. Ieri sera in sala Uander, gran galà del cinema italiano, Vittorio De Sica scosta il sipario ed introduce sul palco quasi il meglio dell'arte recitativa nell'anno 1954. Ne "L'oro di Napoli", film strutturato in 6 brevi episodi, ci passano davanti, nell'ordine: Totò, la Loren, Vittorio De Sica, la Mangano, Eduardo De Filippo e una ragazza (Teresa De Vita?) che, curiosamente, gode di poca attenzione, anche nella grande rete (protagonista dell'episodio che più ho apprezzato...). 

La marcia su Roma

Recensione LXIX:
Questa sera, cinerofum in trasferta: le due strane coppie, Elena & io, Doris & Taigher, si fanno corso Buenos Aires ed entrano all'Oberdan per godersi un bel film in bianco e nero, classe 1962. Altro Dino Risi, altro Vittorio Gassman. E già che ci siamo ci aggiungiamo pure un ottimoUgo Tognazzi d'annata. "La marcia su Roma" è un film che soddisfa la voglia di divertire i sensi ed arricchire il sapere. Ammonire la memoria.