Il Cinerofum, la scorsa settimana, ha rialzato la testa, e lo ha fatto scegliendo un film che, già nel titolo, testimonio la ripresa dell'iniziativa, sancita dal ritorno di uno delle colonne portanti: sì, il Tiger è tornato, è stato liberato, è riuscito a scappare dal Regina Coeli e a raggiungere la sala Uander: "Il ritorno" dell'esordiente regista russo Andrej Zvjagincev, Leone d'Oro 2003.
In sala Uander: oltre al suddetto Tigre, l'Elena ed io. Diciamo subito che il film è piaciuto. Taigher se n'è andato un po' irritato per non essere riuscito a capire cosa diavolo ci fosse dentro due misteriose scatole, aleggianti nella trama del film; ma per il resto era soddisfatto.
Buona regia, ottima fotografia, i colori grigio, blu e verde scuri accerchiano lo spettatore, catapultandolo in un liquido senza limiti di spazio e tempo. Misto di angoscia e vertigine guardando quell'acqua scura che sembra priva di fondo, spiazzano i palazzi spogli quanto la mancanza di contatto tra le persone che si aggirano (non inquadrate) per l'immenso territorio russo; qui anche le maestose foreste più che riscaldare i cuori sembrano ribadire l'estraneità, quasi l'indifferenza, tra natura e uomini. Quando gli uomini sono bambini, lo strappo appare ancora più inspiegabile, più grave. In una terra immensa, con colori freddi se non ripassati pentolone del focolare familiare, ci vuole di più che il ritorno di una persona cara; nemmeno un padre può colmare le distanze, c'è bisogno di multipli legami solidi, amicizie sincere, famiglie vicine. Il biondino Ivan Dobronravo è bravissimo a rappresentare il grido che uno dei due protagonisti si porta dentro; non si fa abbagliare dall'artificio che circonda la figura paterna, assolutamente non preparata: per quanto si danni con gesti ed insegnamenti, sembra vivere per sé, ceffando in tutto la propria mission.
Unica nota stonata, per me, è la prova padre (Konstantin Lavronenko), che risente di qualche forzatura hollywoodiana, troppo gelido il suo sguardo, troppo alla ricerca di un effetto che stona con il resto della pellicola (e, quindi, nemmeno è raggiunto).
Alcuni dettagli denotano un gusto originale, che il regista russo dovrà allevare, come ad esempio il voler svelare solo per piccoli dettagli la trama (scena: dopo una colluttazione un ragazzo si lancia all'inseguimento di un altro, non si sa ancora quale sia il loro rapporto di parentela, ma durante la precipitosa corsa...le due figure si scambiano di ruolo, chi rincorreva rincorre e viceversa...), o alcune inquadrature che, complice la suggestiva ambientazione, arrivano al punto, emozionando lo spettatore (in una delle primissime scene, una telecamera segue dall'alto il tuffo a soldatino di un ragazzino: sono soli nel raggiungere quell'oscuro fondo).
Al di là della storia, questo film è un piacere per gli occhi.
(depa)
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