François Truffaut nel 1966 si addentrò nel genere fantascientifico, traducendo in pellicola le pagine del terzo romanzo dello statunitense Ray Bradbury: "Fahrenheit 451". Appartenente al primo periodo della produzione del grande regista francese (è il suo sesto film), testimonia il suo grande coraggio, cimentandosi, coi mezzi messi a disposizione dall'hollywodiana "Universal" in un film che appartiene ad una categoria non proprio tra le sue. E, forse, il risultato lo conferma...
...eh sì, il film parte bene perché è affascinante trovarsi uomini vestiti come i "Visitors", che si aggirano su camion dei pompieri futuristici, mossi dal grande e ironico burattinaio quale è Truffaut. Ed è anche sbalorditivo come Bradbury avesse azzeccato molti dei pronostici (gente chiusa in casa davanti alla TV, unica vera amica e maestra di vita, i giudizi della quale sembrano gli unici che stiano a cuore di casalinghe e abelinati di turno). Però il film a lungo andare risulta abbastanza prevedibile e, quindi, lento; viene voglia di vedere quale interpretazione avrà dato il regista a quello scenario futuristico, a quello strano oggetto di cui si serviranno i nipoti dei nostri nipoti...ma non è la trama a tenerci svegli. Il film è sicuramente un ottimo spunto per riflettere sull'importanza dei libri (e del sapere in generale) e su come i poteri non possano vedere, direi "per costruzione", la cultura di buon occhio (almeno quella libera, non incanalata); ma è lontana da quelle opere spesse, complete, vive di per sé, con cui il regista ci ha fatto crescere.
Direi che è da vedere "soltanto" perché è di Truffaut. E per i titoli iniziali...altra prova dell'originalità dell'autore.
(depa)
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