Extra: La prima di Jimmy

Qualche giorno fa ho beccato su "Universal Studio" un film il cui titolo viene fuori ogni tanto parlando di cinema, quindi, mi sono detto: "Devo conoscerlo, per capire di che si parla...". Il film in questione è "La valle dell'Eden" di Elia Kazàn, del 1955. Pellicola significativa per vari motivi: è il primo di quei soli tre film, girati in due anni, che resero James Dean quello che è diventato (mito, leggenda, icona, prototipo del tamarro, a voi la scelta), è il primo film a colori, del regista americano (di origine elleniche), il suo primo film girato in Cinemascope e a Hollywood.
Elia Kazan, un anno dopo "Fronte del Porto" (e quattro dopo "Un tram che si chiama desiderio"...), mette un attimo da parte il muso duro e il corpo da macho di Marlon Brando per raccontare, con la faccia del guappo di quartiere, con l'andatura della légera dei Caruggi del ventiquattrenne "Jimmy" Dean, cosa voglia dire essere figlio incompreso, ragazzo americano con carenze d'affetto, "beccio" inseguito dalle ragazze e...dai direttori degli istituti vari. E decide di farlo prendendo spunto da una parte del romanzo di John Steinbeck, "East of Eden".
Ragazzi, come detto, sono tre i film (e nemmeno di registi sconosciuti, anzi) con cui il divo dell'Indiana si è consacrato, e allora guardiamoli. Anche ammettendo, magari, che questo "La valle dell'Eden" non è proprio un capolavoro. Anche riconoscendo che, seppur la trama regga e la regia di Kazan ci regali splendide "diagonali", seppur i primi esperimenti del colore e del "cinemascopio" fossero davvero affascinanti...beh la prova degli attori lascia qualche ruga sul naso.
"Jimmy", che nel film gironzola tra Monterey e Salinas, proprio nei lughi in cui troverà la morte prima ancora di finire il suo terzo film ("Il gigante"), a tratti sembra davvero recitare a parte, quasi per sé (forse è l'impronta dell'Actor's Studio). Ma, davvero, se il risultato è anacronistico (a parer mio anche per gli anni '50), ha il suo fascino il ciuffo sempre rivolto leggermente verso il basso di James Dean, il suo oscillare attorno al suo asse verticale...e non sapremo mai se quell'impostazione l'avrebbe mantenuta in eterno o se un'evoluzione dei gesti e del comportamento avrebbe allineato questo mito a tutti gli altri (ottimi o scarsi) attori. Invero, quei due attimi in cui (dicunt) Dean improvvisa, forse, sono i più sinceri e, se volete, i più toccanti. Scovàteli!
Peccato che la forza del romanzo di Steinbeck risulti un po' incanalata dentro gli argini della pellicola, solo a tratti (come il tentativo di linciaggio della folla alle giostre) giunge pura al pubblico; ma qui il protagonista è proprio quel ragazzo che è violento, ma non sa perché; che potrebbe avere tutte le ragazze del paese, ma la cui inquietudine lo tiene in eterno movimento e, quindi, inafferrabile; che guarda sempre in qualche punto oscuro, che conosce solo lui e che non vuole svelare (perché è troppo buono, o perché è troppo cattivo?).
Kazan + Dean + Steinbeck - "anche se..." = (comunque) da vedere.
(depa)

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