Extra: Sotto il Vesuvio anche ciò che non luccica è oro...

Ueila 'Rofum...buon 1° Maggio dei lavoratori a tutti, anche se in ritardo. Ieri sera in sala Uander, gran galà del cinema italiano, Vittorio De Sica scosta il sipario ed introduce sul palco quasi il meglio dell'arte recitativa nell'anno 1954. Ne "L'oro di Napoli", film strutturato in 6 brevi episodi, ci passano davanti, nell'ordine: Totò, la Loren, Vittorio De Sica, la Mangano, Eduardo De Filippo e una ragazza (Teresa De Vita?) che, curiosamente, gode di poca attenzione, anche nella grande rete (protagonista dell'episodio che più ho apprezzato...). 
Un film che risulta, "è inutile negarlo", un po' approssimativo, un po' abbozzato. Ma se fosse stato questo l'intento del maestro di Sora? Siamo sicuri che non si sia accorto che, mentre il "Guappo" richiude la porta di casa del "Pazzariello" Totò, qualcosa da spiegare ancora ci sarebbe? Forse, quindi, volle darci, con una pennellata sola, unica, ciò che si respira nei vivi vicoli di Napoli; vuol dirci, con sintetica ellissi, che c'è la forza di andar contro alle prepotenze, sì, ma che questa si dovrà aspettare vili e violente rappresaglie, a cui Napoli, coi coraggio e cuore suoi, risbatterà ancora un'altra porta in faccia.
Il film è da vivere così, un acquerello da gustare seduto ad un museo, e su cui "svolazzare"...
Il mio episodio preferito è quello de "Il funeralino", con cui il regista ci mostra la dolcezza di una Napoli materna che sa chiudersi nel dolore, tra gli spazi stretti di vicoli che paioni senz'epoca, ed insieme aprirsi a ciò che verrà dopo il dolore, affidando al suo bellissimo lungomare il compito di darle nuova linfa vitale. Il tutto col passo che permette di assaporare l'attimo per imprimerlo nella memoria. Ora, un plauso a chi trova noiosa, lenta, o altro, questa piccola perla: complimenti per la sensibilità. L'episodio con la Loren e quello con la Mangano sprizzano ovvia sensualità (e, soprattutto il primo, un po' di comicità), senza però rimanermi impressi.
Vittorio De Sica dà grande prova anche in veste d'attore: divertente quanto toccante la sua partita a scopa.
Eduardo De Filippo un po' sacrificato nella spremuta partenopea finale.
E' un De Sica, con la crème del cinema italiano, in cui, in ogni episodio, c'è un mare di vicoli sottintesi, una sorta di Napoli sotterranea...direi da vedere.
(depa)

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