Stato di Corpifuoco

Altro tassello nel muro di Pablo Larraín. Di più: segnalatomi anni fa dal Puvio, il secondometraggio (?) del regista cileno balza al mio primo posto. Realizzato nel 2008, "Tony Manero" è un gran film, sporco, doloroso, maturo. A ricordare i recenti duri e fieri giorni di lotta in Cile, la solita tra oppressi ed oppressori, può essere utile per noi italiani ricordare ciò che laggiù ancora non possono dimenticare. Non sia mai che qualcuno si svegli (male che vada finisce tutto in brillantina).

La locandina della pellicola recita "Chile 1978. Dictatorship. Disco. Obsession". Un po' brutalmente, ben coglie il suggestivo proposito dell'autore sudamericano. Rendere (ed amplificare, da una misera pista da ballo) l'atmosfera d'oppressione e alienazione di quegli anni di violenza autoritaria che, mescolata alle sfavillanti quanto evanescenti visioni hollywoodiane, masticava e sputava esistenze. Individui che, senza più punti fermi, travolgevano sé e l'intorno. In una febbricitante danza d'ognissera.
Sottotitolo "mi sembrava un tizio tranquillo", la malinconica m.d.p. segue lo svuotato, annichilito Raul Peralta. Il suo vagare senza grinta sa di fuoco fatuo, già spento. Esistenze riflesse, nate morte. Toh, invece morte darà (come insegna la realtà), vale. - "Quale futuro?" -"Il mio il tuo...". Già già già, come se fuori di casa, tra un coprifuoco e l'altro si stendessero libere possibilità. Corpifuoco, semmai: a ciò può giungere la carne braccata, in società sordida, bruciare senza fiamma. Inquietudine e follia, tra ronde, perquisizioni e violenze. Manco l'amore innalza. Cupo, film buio, gelido.
(depa)

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