Vive Fabienne!

06.11.2019. Nella serata in cui i telegiornali annunciano Catherine Deneuve "ricoverata per una leggera ischemia", Elena ed io ci precipitiamo. Potrebbe essere l'ultima volta. O l'ultimo (non si sa sempre). Scelta felice poiché "Le verità" (t.o. al singulier), ultimo lavoro di Hirokazu Kore'eda, mostra il maturo connubio tra la sensibilità dell'autore nipponico e quella degli interpreti francesi. Tra i quali, inutile dirlo (o no?) la già citata regina spicca, dando corpo ad un personaggio, quasi autobiografico, pregno di vita universelle.

Quadro iniziale che rassicura tutti i fan dell'autore: il viaggio intercontinentale non ha scalfito la sua anima orientale di alberi in stagione. Dopo una Binoche che pare proprio sua figlia, irrompe Lei. Grande interpretazione, quella della parigina. Con una profonda disperazione, non priva di ironia, dipinta sul volto. Volto magico, da sempre, con gli occhi maliziosi d'eterna tredicenne, o di esperta attrice. La "Fabienne" che interpreta pare aver molto qualcosa della Fabienne (Dorleac) che è. Catherine e i suoi anni oltre il vetro, strepitosa. Attorno a lei ruota questa intelligente pellicola che "reagisce" al rilassamento dei grandi schermi: discorsi che non si fanno, domande che non si pongono, conoscenze che non si conoscono. Ovvio che la cattiva abitudine, seminando male, prepara peggio. A cosa sarà mai dovuta l'incomunicabilità di oggi, se non alla scala di valori da troppe generazioni accettata e assunta: vanità e vacuità. Le "verità" di oggi stanno bene nel mezzo (entrano in politica). Nel film traslano e i due protagonisti vi si incontreranno con verosimile difficoltà. Le vipere, va da sé, si arrabattono (chi apre una breccia è il papà che prima mancava e che, metaforicamente, viene lasciato in casa).
La vita, nella sua complessità e sfaccettatura (il ricordo guizza sul "Gran Pesce" burtoniano). Sceneggiatura curata, divertendo: sul tempo, sui rapporti e sul cinema. Que quiere mas?
Vive la Deneuve!
(depa)

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