Alcol e attizzatoio, no buono

L'altro ieri pomeriggio pioggia di celluloide...all'"Altrove". Era il proiettore che sbrodolava, da lassù, emozionato per quanto gettato sul telo bianco. Comprensibile, nessun imbarazzo mr. Proiettore: "Gardenia Blu", del 1953, diretto da Fritz Lang, è una bobina (anzi due) che non lascia incolume chi le passa davanti.

Tratto dal romanzo omonimo di Vera Caspary. C'è qualcosa di incombente nella parte iniziale del film (e non può certo essere un'assenza, quella dell'amato, in Korea). La sensazione rimarrà sino alla fine, poiché ad un dolore seguirà una catastrofe (individuale). Gran ritmo, quindi, per questa angosciosa apnea verso la superficie: la soluzione del caso. Sia detto, all'intervallo (eh, la seconda bobina, quella che non reggerà l'orgasmo visivo) il busillis è chiaro: come avrà fatto Norah a non uccidere il pittore Don Giovanni? Con l'alcol, si sa, è bene stare attenti, soprattutto nei pressi d'un camino. A dipanare il filo ci penserà la "musica in scatola", diavoleria degli ultimi tempi (gli stessi in cui la folla s'accalca per sedersi dove fu la misteriosa "Blue Gardenia"). Noir efficace sorretto da una grande sceneggiatura, originale e robusta, e dalla rigorosa spigliatezza del regista austriaco, marchio di fabbrica di uno dei registi, sul piano stilistico, più scalpitanti.
Ultimo dettaglio: battute così sibilline da parere scandalose (se comprese) o addirittura oscure (se non). Esempio: -"Vi siete divertiti?", -"Direi di sì, mi ha telefonato per chiedermi scusa...". Ad ognuno la propria interpretazione. La migliore di tutte, in ogni caso, resta quella della statunitense Anne Baxter, bella, disperata e braccata come nessun'altra.
(depa)

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