Booom! Che botto al "Ferrer", ieri sera. Se tanto mi dà tanto, i prossimi appuntamenti della rassegna anticlericale riserveranno horror in cui preti e cardinali vengono squartati vivi da canute divinità pagane. Per avere un quadro realistico di una sola delle nefandezze perpetrate da Madre Chiesa (e tutte le sue sgualdrine), "Magdalene", del 2002, scritto e diretto dall'irlandese Peter Mullan, è il film da vedere. "Leone d'Oro" allo stare in guardia; alla memoria di chi, tra gli artigli della religione di Stato, ha perso la vita (in tutte le accezioni possibili); al comprendere che più episodi di prevaricazione, rivelano l'elemento fondante.
Il regista, ben più noto come attore, opta per un'intensa intro musicale, emozionante come sa esserlo una vecchia canzone folk, per poi "attaccare" (discorso e nemico) senza indugio. Anzi, con una certa foga, indulgendo ad allegorie più che esplicite; molto efficaci, meno eleganti: durante le iniziali festanti immagini, la m.d.p. scorre sul dettaglio di un whiskey posato sotto il suonatore del frenetico ritmo, sovrastato da un crocifisso penzolante; alla prima udienza delle ragazze dalla madre superiora, dettaglio dei soldi maneggiati. Non che i cattolici abbiamo bisogno di censori che vadano loro in soccorso (se ci sta un'intera rassegna...ed è fin poco!) ma, per quanto visto nel corso della "pellicola", il contenuto era più che sufficiente a sollevare le indignazioni, anche senza ricorrere a facili sintesi visive (gli enormi ingranaggi per il logorante lavorio dei giorni, sulle anime delle pecorelle sacrificali).
Ogni popolo, ogni cultura, ha i suoi lati fulgidi e quelli oscuri e, diciamolo, i paesi del nord hanno qualcosa di glorioso e possente, ma anche di brutale e spaventoso, cattivo. Forse è solo l'istintivo timore suscitato dal celare stesso, a fortiori se chi occulta è l'elemento prepotente della società (in questo caso, il senso comune, l'opinione pubblica, direttamente forgiate dagli esponenti della religione cattolica che in Irlanda, come altrove, per anni sono stati e sono i veri detentori del potere politico). Mullan, ad ogni modo, rende efficacemente il senso di oppressione, di terrore, di odio che aleggia per il convento della Maddalena. Il regista rievoca l'ennesima pratica abominevole perpetrata dall'enclave cattolica, in nome di una fede insozzata di rosso verde oro, ricorrendo ad un taglio realistico inframezzato qui e là da gesti ora autoriali (l'inquadratura dell'occhio, di grande impatto; i suddetti simbolismi), ora distensivi (alcuni inspiegabili, come la rivalsa di Bernadette sulle sue aguzzine prima dell'ultima fuga).
Grandioso pugno allo stomaco di tutti noi, assestato colla potenza che stupisce al secondo cimento, il "Leone" parrebbe essere stato più un premio di pancia, appunto. Ma il film ha ritmo e la scrittura ben orchestra il gruppo di ragazze. A tal proposito, le bravissime attrici permettono l'ottimo risultato finale (su tutte la sensazionale Eileen "Crispina" Walsh).
Fatti i complimenti al film, non resta che notare che la ripetizione di reati tali e di altra specie non sono riconducibili a sporadici inconvenienti sfuggiti al controllo, bensì ad una vera e propria struttura, deviata nel profondo (simile a quella carceraria: leggi 41 bis), ad un disegno che prevede per sua definizione l'uso del terrore, dello sfruttamento, dell'annichilimento individuale, in quanto strumenti rispondenti alla sopravvivenza stessa dello Stato (clero, polizia, banche etc.).
Infine un monito: sono fatti accaduti sino a vent'anni fa; accadono ancora oggi in altri luoghi e in maniera più o meno diretta rispetto a quelli degli anni'60 quivi narrati; pertanto cosa può far pensare che la chiesa si faccia scrupoli a sequestrare, sfruttare, torturare e uccidere ancora? Un'illuminazione, già.
Amen.
(depa)
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