Marigrade suggerisce, il Prof. Sini avalla. Ad Elena e me non resta che incamminarci all'Ariston, dove è in programma "Elle", l'ultimo lavoro dell'olandese classe '38 Paul Verhoeven. Pubblicheremo questa recensione soltanto dopo che la già citata cinefila avrà guardato con occhio, perché è giusto che chi sbaglia paghi. Sit-com a sfondo sessuale, perverso, è la panacea (facciamo panaché) per tutti gli ultra sessantenni, anzi, per quelli tra loro che non cercano affatto novità e sorpresa, quanto un brivido inguinale dal sapor che fu.
Nonostante l'intreccio smaccatamente romanzesco (tratto da "Oh..." dello scrittore parigino classe '49 Philippe Dijan), nel quale il mistero complessivo risulta ben studiato a tavolino, guardando "Elle" si percepisce quella particolare prevedibilità, a breve termine, che ti permette di intuire, agevolmente e sempre, la prossima svolta. Complice il sipario subitamente spalancato sulla scena in cui Perversione fa il diavolo a quattro, mi sono trovato a faticare, sempre più passivo col trascorrere dei minuti (sino agli estenuanti finali). Perché non chiudere alla visione del padre in TV, il giorno dopo la chiusura del cerchio da parte del figlio, per una volta opportuno? Perché è commedia francese, come quelle salse confusionnaire da mettere su qualsiasi insalata. Se non c'è Gran Final, con tutti gli ingredienti recuperati in frigo, ne marche pas. In questo caso, quando già saremmo usciti dalla sala, si palesa sul proscenio Fratello Sadismo, che raggiunge la sorella maggiore. E ridondanza di situazioni sarà.
Se ciò non bastasse, i dettagli traballanti mostreranno il filo della trama. In un'azienda di videogame (in Francia ne hanno sempre avute, e ottime), il sospetto verso un hackeraggio da scuola media si dirige all'esterno del team...fate vobis.
Isabelle Huppert fa quello che può. Molto e bene. Resta immobile, o abbozza una giovinezza che non è, ovvero si dibatte a terra per smuovere l'acquitrino di un film che definirei angusto; nel quale la regia di Verhoeven, innestata nella commedia rosa-nera francese, deperisce. La Huppert professionista tosta lo è davvero ma...ecco, di recente ho citato quel Re Mida, che lei non è. Tantomeno i colleghi: pessimi.
Il suo personaggio è l'elemento più affascinante della pellicola, carattere ligneo dagli istinti voraci, si intuisce un mondo complesso e poco esplorato sotto quelle rughe impietose. Ma l'accenno ad una figura interessante non può basta. Soprattutto quando manca il "tocco". Si parla spesso di questa sapienza, di quest'arte nel maneggiare il contenuto, quando ce la troviamo dinanzi (dai, Ernst...vieni qui); perché non esigerla altrove? Verhoeven si muove meglio tra robot, passere e punteruoli, non credo di rivelare nulla.
(depa)
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