Sempre "Altrove", ancora "Lunedì", un'altra volta Werner Herzog, di nuovo coi suoi documentari. Racconti che partono dal rapporto Uomo-Natura, attraverso percorsi ora romantici, ore metafisici. L'uomo e i suoi limiti, spesso coincidenti proprio con il territorio sacro di Madre Natura, protettrice affettuosa e docente severa. Ne "Il diamante bianco", del 2004, il sogno è quello del volo...
...a sfiorare (e studiare) le sommità delle foreste pluviali, luoghi inesplorati che nell'immaginario conservano ancora il fascino della purezza (anche se, di incontaminato, in questo nostro pianeta già morto, c'è ben poco). Il limite è quello dei km di massa sotto i nostri piedi, poi tanti altri bei fattori, alcuni dei quali noti, altri no, chissà?, tra cui la pressione che cuore e mente possono esercitare sui partecipanti all'impresa. E' evidente che ciò che muove il simpatico ingegnere aeronautico protagonista di questo doc. va ben oltre ai semplici fini scientifici. Basti vedere come questo Dorrington, nel suo laboratorio tecnologico, con lo sguardo ed il sorriso più ingenui e sognanti, abbozza dei balzi in aria, a suggerire quella ipotetica e fantastica sensazione. Nei suoi occhi sono ravvisabili, oltre all'entusiasmo mai domo, i tanti fallimenti, i tentativi finiti peggio. Personaggio herzoghiano al 100%, nella Guyana costruita sulle sofferenze di schiavi ormai sprofondati nella terra, troverà altri spiriti sensibili, come un operaio indigeno ed il suo mitico "Rooster", o un altro autoctono patito della moonwalker dance, cui l'esperto cercatore bavarese (sin dai tempi in cui batté l'Eldorado con il suo "amico" più caro) si avvicina come vittima di un qualche magnetismo.
A proposito, come adoro l'Herzog calamitato da paesaggi e personaggi, mi riesce odioso il Werner che, ponendosi fastidiosamente in primo piano, oscura lo sfondo dei suoi doc.. Gli esempi non sono pochi; questa volta: non ha potuto esimersi dal riprendersi mentre cerca di convincere l'ingegnere a portarlo con sé, per il primo rischiosissimo test sul campo (cui lui, si immolerebbe per amore dell'arte). Al pubblico il fastidioso sospetto di una scenetta ben studiata. Peccato di vanità piuttosto grossolano che ad una persona intelligente come lui perdoniamo.
Tra le immagini che vorrei segnalare, quelle d'epoca dell'impressionante catastrofe del Zeppelin Hindenburg (6 maggio 1937) e quelle suggestive dei rondoni sfreccianti attorno alle imponenti cascate di Kaieteur (pennellate tratte da un vero quadro astratto).
(depa)
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