Fidati: il gelato è ok

Parliamo un po' del film visto ieri sera in piazzetta San Luca. Sì, gran proiezione nel cuore dei caruggi imbastita da quelli della "Pellicceria", con gente di tutti i colori ed umori pronta a sedersi, fare bordello, vedere un po' che roba è...I ragazzi hanno cambiato programma all'ultimo, poco di male poiché, anche se lo vidi una quindicina d'anni fa (VHS "I cult di Ciak"), "Distretto 13 - Le brigate della morte" di John Carpenter (1976) rimane un action movie di gran intrattenimento, dall'intreccio piuttosto semplice, ma rafforzato dal taglio audace e schietto.

John Carpenter nei suoi film pare non inseguire nelle selve oscure o nelle grotte profonde dei propri personaggi; ma, più superficialità, parlerei di maggiore attenzione ai moti primitivi, senza arzigogoli, della psicologia umana. Il più delle volte, l'animale uomo, racchiude in sé quei buoni e quei cattivi che ne combinano di tutte, da sempre. Quindi il regista newyorkese, partendo dagli istinti primordiali, siano essi violenti o solidali, ci mette ben poco ad architettare un film che tenga col fiato sospeso. Sul lenzuolo appeso sulla saracinesca iniziano a disegnarsi residenziali tagliati da strade perpendicolari tra loro, percorse a loro volta da veicoli dalle svariate intenzioni, avanti e indietro, lentamente. Si sente il bollore, giù in strada, e quando la piccola dolce bambina con gelato (dal gusto fatalmente sbagliato) viene perforato senza batter ciglio (manco voltarsi!), si capisce che il tappo è saltato. Dalla luce e dalle trecce si passa alla notte, al sangue e, perché no al sesso (sempre sullo sfondo, grazie alla partecipazione di attrici dalle proposte molto interessanti: senza un cm di scollatura). Nuvole cupe nere e rosse vanno a coprire il quasi deserto distretto n° 13...
Sia chiaro che un personaggio cinematografico non necessita di un saggio psichiatrico, per coinvolgere lo spettatore; spesso, come accade in questo caso col mitico Darwin "Napoleone" Joston (1937-98), basta che abbia riflessi e battute pronti (dialoghi esaltanti, scritti ancora dal regista, ironici e secchi quanto basta).
Carpenter, pone dubbi agghiaccianti, per ogni borghese civilizzato a puntino: "Queste cose succedono solo in Sudamerica!", "Ma è impossibile, siamo in una grande città!". Eppure...dopotutto, la centrale di polizia è lì, le mie gambe qui, la mia arma pure (ok, ho tutto, possiamo andare...). Di qui prende il via il sanguinolento e insospettabile assedio, narrato con gran ritmo, una sorta di real-time ("E' arrivato solo mezz'ora fa!") che costringe a non distrarsi, e accompagnato dalle ormai celebri musiche (ancora del poliedrico regista). E se avesse diretto lui quella storia di quei Guerrieri verso Coney Island?...
Parlando coi ragazzi, a qualcuno sono venuti in mente in classici western e, in effetti, Carpenter qui dà molta fiducia alla fedele struttura manichea che mai ha tradito registi smarriti. Ma lo fa con cipiglio così fiero che pare più rivoluzionario e strafottente di quanto sia. Filmone pim pum, con silenziatore prima, pam, vetrate nitro infine all'aria! Ecco perché certa gente è meglio renderla felice...
Avevano ragione quelli di Ciak, un ringraziamento sincero alla "Pellicceria Occupata".
(depa)

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