Bene, ieri sera al Corallo ho recuperato uno dei film persi lungo la passata stagione cinematografica: "Macbeth" (2015) diretto dall'australiano Justin Kurzel, classe 1977. Agosto si presta ai recuperi, poi un commento vocale positivo del Prof. Sini rende l'occasione ancor più stimolante. Questa nuova trasposizione, sfruttando i nuovi mezzi, risulta visivamente potente, come ogni testo del sommo sceneggiatore Guglielmo, ma lascia poche tracce del proprio carattere.
Sullo schermo un spettacolare affresco dallo spiccato accento hollywoodiano (produzione anglo-americana), con paesaggi e scenografie che ben raccontano di un'epoca leggendaria, dove guerrieri indomiti si massacravano su sporchi campi di polvere e nebbia. Guerrieri vuol dire carne ed il realismo delle scene di battaglia è tra i punti forti di questa pellicola. Ai seguaci dei film con superpoteri, Kurzel pare suggerire: volete un buono-cattivo? Macbeth. Avete fame di battaglie? In Shakespeare c'è tutto... Apprezzabile anche il sapiente mix di versi originali e prosa. Tra cui cito: "Stolto sommamente l'animo dei mortali, ché non paca né regno, né Cotillard". Gli inevitabili e nebbiosi monologhi fuori campo, tra lande cupe e selvagge, sono simili a quelli visti nelle edizioni precedenti.
Sia chiaro, non solo azione, soprattutto nella seconda parte il film si prende i suoi momenti letterari, come il monologo Lady Macbeth implorante il marito, oramai schiavo delle proprie ossessioni, affinché riposi dopo tanto ardore, tutto il sangue ("A letto!"). Anche se avrei caricato maggiormente il momento in cui Macbeth riconobbe la foresta avanzante (colpevolmente accennato), d'altro canto ho apprezzato gli attimi tra due muscoli tesi. Concludendo, non raggiunge l'intensità dei suoi, nonostante l'ottima fotografia e un'evidente e costante attenzione stilistica, ma è ben fatto, quindi non storpia, quantomeno, l'impareggiabile soggetto.
"...ciò che è fatto, è fatto".
(depa)
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