L'ampia sala Valéry, qualche giorno fa, ci ha raccontato di un San Valentino del 1900, una storia fatta di luce accecante e d'oscurità insondabile, di sorrisi chiassosi e urla strazianti, giochi d'amore e passione primordiali, infine, chissà, di morte... Dall'omonimo romanzo della connazionale Joan Lindsay, il regista australiano Peter Weir girò nel 1975 "Picnic ad Hanging Rock", riuscendo nel difficile compito di sospendere l'intreccio a mezz'aria, allentando con sapienza le comuni percezioni.
La regia di Weir colpisce subito per la ricercata intensità, per l'utilizzo efficace di immagini (rallenti) e suoni, che permettono la calda, liberatoria e provocante atmosfera sintetizzata nei sussurri delle fresche studentesse. Avvolti da una sorta di sonata dei feromoni, ci gustiamo i bellissimi passaggi che vien voglia di analizzare, orchestrati da un montaggio pulito e sinuoso; la musica ad esaltare gli attimi. La sensualità di Madre Natura sfiora, palpa e tramortisce le giovani ragazze. Dopo la sapiente preparazione e la coinvolgente ricostruzione del misterioso (mistico) evento, s'assiste ad oltre un'ora di inchiesta. Ricerca inconcludente perché piccolo e inutile è il nostro sapere, immensa l'ignota forza di ciò che ci circonda. Concerto per natura, in chiave di pelle.
(depa)
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