Alle 18.30 di ieri ero pronto, al centro del "Corallo". Preparato ai rossi di Pedro Almodóvar, alle sue emozioni forti, alle passioni travolgenti, dove carne e dolore la fanno da padroni. In "Julieta" questi ingredienti sono presenti, dando vita ad un melodramma, però, piccolo: una ragazza decisamente graziosa, un senso di colpa, incontri pseudocasuali e sesso in una notte di treno non possono portare a nulla di più alto.
Eccoli lì, i colori di Almodóvar, a raccontare menzogneri una pace interiore che non può esistere (nei suoi film in genere, stavolta in particolar modo: le sfighe per la protagonista si susseguono come i disegni delle tappezzerie madrilene). Dopo l'introduzione, incentrata sul volto disperato e ferito di Julieta senior, parte il racconto rivelatore per Antia. Narrazione che, come spesso accade nel regista spagnolo, sarà una sequenza di attimi di passione e sensualità, seguiti da un maledetto senso di colpa. E dall'incapacità di essere matador coi nostri più reconditi tori.
Nel cinema di Almodóvar, piaccia o no incarnazione del cinema nazionale, ci sono momenti di grana grossa che fanno fatica a scendere (Julieta junior che tiene lezione in classe, piuttosto scarso; o la torta di compleanno gettate, qui addirittura tre, in barba ad ogni pudore). Che poi sia il più almodovariano tra i suo film, non lo so; lo è molto, sì: è sempre un punto a favore?
Il mosaico di colori del regista spagnolo non può sopperire sempre al resto, un panno rosso, tende bianco-arancioni non bastano; un basso gioco di iniziali non può far gridare al genio; la gnocca di turno attira-machi; la suggestiva inquadratura di un mulinello mediterraneo che accoglie le ceneri dell'amato...sono un po' poco.
Sul finire giunge la tempesta, qui metafora e non (!), allestita come in un Harmony: Julieta cambia tata per essere più tranquilla; e cosa combinerà? Sostituirà Marian, cinquantacinquenne insopportabile dalla palpebra cadente (Rossy de Palma), con Ines, una ventenne dagli occhi dolci e la pelle di burro. Bah, valle a capire le donne di Almodóvar. Quindi, Julieta in paranoia. Là fuori la burrasca e l'incidente più prevedibile della storia del cinema.
Qui irrompe addirittura la "sfera spirituale", buenas noches...Insomma, tutto architettato "a meraviglia", dove gli incontri casuali sembrano tutt'altro (brutto segno): si susseguono con costanza straordinaria (disarmante), sino alla tremenda sequenza dell'investimento. Almeno il regista ha avuto il buon gusto di glissare sull'ultimo incontro...strano. Il finale in auto rimane raccapricciante per pateticità.
Si tratta di un romanzetto, non adatto a chi cerca movimenti del cuore più ruvidi, vivi e alti.
E se Almodóvar, basta Larrieu, basta Iglesias, ripartisse da zero, provando a dimostrare vere e profonde capacità autoriali?
(depa)
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