Il terzo e ultimo film del sabato dedicato a Rainer Werner Fassbinder è stato "Roulette cinese", ancora del 1976, ancora un indice/obiettivo sul nulla che divora una certa società, che potrebbe e dovrebbe, ma che, non essendo in grado, balla, brancola e barcolla...'B' come Baraka che, frattanto giunto in sala Valéry, colle sue perle impreziosirà la mia recensione.
Nel "teorema" allestito dal regista conta anche Anna Karina la quale solleva esclamazioni ben più lusinghiere in sala, "Uhhh che fica!", ecco la prima gemma dello spettatore più maldestro che il Cinerofum ricordi (il danno è sicuro, nessun margine: entra rovescia spacca, nella stessa mossa da artista). Ma la Karina ha ormai i suoi trentasei, quindi ci dedichiamo a questo contributo del regista bavarese ad uno dei temi letterari (quindi cinematografici) più folti. Lo fa con gusto sadico, voyeurismo crudele sui vuoti dell'uomo, rappezzati con sesso di plastica. Apropos: "Che schifo il sesso in Fassbinder", mastica amaro il romantico Baracca; come dargli torto, ma il fatto è si tratta proprio di prevaricazione (freddissima per altro); un'estenuante tensione sull'intimo abisso umano! C'è qualcosa di orribile! Assordante! "Sì, ok, il vuoto della classe borghese, però c'hai rotto il cazzo!" (sempre il solito Barretta) Ma...ma...ma come? Queste lente e sfuggenti figure, ingenuamente nascoste dietro cristalli costosi. L'ellissi dell'omicidio sui capelli rossi costellati di perle! Cinema opprimente dove gli interpreti si passano teatralmente il testimone, spartendosi, via via, le colpe di una stirpe inopportuna. La m.d.p. volteggia alticcia su orbite fallite. Si sente uno sparo, io e Birretta non abbiamo dubbi: potrebbe essere chiunque dei sette personaggi in cerca d'amore.
Un grazie al Carlini fornitore d'essai: chi aiuta il 'Rofum vuole bene al cinema.
(depa)
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