Lo so, per alcuni questi ritardi saranno inaccettabili. Peut-être, come qualche decennio fa Marigrade glissava con eleganza. Quentin Tarantino è forse il regista vivente più noto al grande pubblico, giovani surtout. Ragione sufficiente, a meno che un blog cinematografico non voglia avviarsi verso uno stadio di mummificazione, perché i film del regista del Tennessee vengano "consumati velocemente", meglio se con accortezza. Basta ciance: "Jackie Brown", del 1997, fu il 3rzo (gné gné) film di Tarantino...
...osannato apprezzato ignorato odiato; petalo dopo petalo, ieri sera in sala Valéry, sono giunto a considerarlo tra i suoi migliori. Può stare lì, assieme ai suoi due clamorosi predecessori. In fin dei conti per motivi differenti: merito al regista.
Perché se "Jackie Brown" è anch'esso da iscrivere nel percorso di review, rehab or celebration intrapreso dal regista, qui il discorso si sposta su un particolare cinema afroamericano, scritto e interpretato per quella comunità, chiamato blaxploitation; vero e proprio genere con la sua bonazza (la protagonista di questo film, Pam Grier, classe 1949, fu icona sexy di action movie anni '70) e qualche farabutto pronto a parlare e, soprattutto, fare male.
Questo lo scenario, soul & funk nell'aria e suoi vestiti, ma anche nella camminata, nel drink, nel sesso e, perché no?, nell'attingere con disinvoltura da sostanze psicotrope. In primo piano, un intreccio da poliziesco fine quanto lineare e, soprattutto, attori sopra la norma. Samuel L. Jackson mattatore piglia tutto al passo decisamente funky (meglio non dirglielo, però) e Robert De Niro stralunato e strafatto come raramente (idem come per il socio Samuel, acqua in bocca pure con lui), per quanto riguarda i cattivi. Anche dalla parte dei buoni, tutti attori abili nel caricare emotivamente i proprio personaggi: la suddetta Pam Grier, Robert Forster e Michael Keaton; perché il tempo lo concede, anzi, è quello che da esso pretende Tarantino. In due ore e mezza, coi suoi dialoghi studiati e i gesti ricercati (eleganti, lascivi o brutali che siano), allo spettatore tutta la calma per appassionarsi. Con equilibrati contrappunti di ironia e di appetitosa brutalità, dove musica, dialoghi (didascalie: "Money exchange - Trial run"...) e morti ammazzati si mescolano sfociando in un mare di pulp. Non per forza di sangue: da ciò, ipotizzo, lo scarso appeal di questo terzo capitolo tarantiniano.
"Visto? Te lo dicevo io!", boom: grande Louis. Ma col terzo si gode, niente di più semplice: povero Louis.
(depa)
ps: non chiedete nulla alla Ele, risponderà solo Z, doppia Z, se non tripla...
Nessun commento:
Posta un commento