Ripartiamo ora dal primo film, anch'esso laotiano, presentato alla piccola rassegna dedicata al cinema asiatico, allestita all'"Altrove" pochi giorni fa. "Chanthalay" è un emo thriller del 2012, diretto da Mattie Do, truccatrice di Los Angeles ritornata nella terra dei suoi avi per provare a smuovere le macerie di un cinema che non c'è.
Di horrorifico ben poco in questo "giovane" ma volitivo film. Ambientato tutto nella casetta degli autori a Vientiane, rivela ben presto il proprio lato soprannaturale, deludendo qualcuno, ingolosendo un altro. Ad ogni modo, meglio rilassarsi e aspettare che le oscure e ingenue apparizioni si susseguano. Solo così è possibile apprezzare, assieme alle attente prestazioni degli interpreti, scrittura e regia di questo film che, tenuto conto del genere (nel quale anche grandi firme si sono cimentate), risultano comunque robuste, mai raffazzonate.
Appurato che in oriente vanno matti per donne che gattonano i tra veli bianchi e deliri panici, col passare dei decaminuti, all'incirca da quando la cupa Chan è definitivamente rassegnata alla paranormale convivenza, attendo speranzoso la solita "quadratura", doverosa, a mio avviso, in QUASI tutti i film. E questa, tragicamente, arriva. Il tema dell'apertura alle tradizioni spirituali, ormai bloccate dal traffico in città, viene quindi sfiorato con la giusta pressione.
Anche in questo film, si è trattato di una storia che può non appassionare, ma che è stata raccontata senza le gaffe che ci si aspetterebbe da un cinema minore ("Chanthalay" è un capolavoro, se confrontato con molte produzioni nostrane e non). Io ed Elena risaliamo nel nido pressappoco soddisfatti, prima del malese delle 21.15...tutta un'altra scuola.
(depa)
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