Ieri sera sagra della zucca in tutto il mondo, allora noi, cui piace il dolce, ma con retrogusto amarognolo in fondo, ci siamo diretti verso Vico Carmagnola per vedere un film tedesco suggerito da Marigrade. Al "City", infatti, è in programmazione "Oh boy - Un caffè a Berlino", esordio alla regia di Jan Ole Gerster, classe 1978, originario di Hagen. Niente da dire: forse non gioca difficile, questo film che sa ispirarsi in maniera consapevole a stili cinematografici già assodati (Nouvelle Vague, in primis, poi Allen), ma il suo mix di ironia e pulizia registica non risulta mai né banale né noioso, fatto già di per se ammirevole.
Bianco e nero, musica jazz e personaggi con connotazioni ben definite, la pellicola scorre piacevole, danzando con astuzia sul labile confine tra ciò realistico e assurdo. La sua forza sta proprio qui, oltre alle evidenti dote estetiche (fotografia), nella sceneggiatura e nei dialoghi che non permettono mai, allo spettatore, di mollare gli ormeggi e lasciarsi ondeggiare pigramente su una commediuccia che intrattiene e poco più. Il racconto solletica la riflessione, oltre che la fantasia. L'intreccio pone situazioni cui il protagonista reagisce con flemma invidiabile e a ben, vedere, non sfondano mai la porta del credibile. Non so se sia lecito accostare quest'opera a quelle raffiguranti maestosamente una Germania (qui una splendida Berlino col suo acciaio indistruttibile) decadente, in "Oh Boy" l'ironia è tanta, però la disperazione annidata nelle esistenze di coloro che, in questa giornata particolare, sfiorano il protagonista Niko, è tratteggiata con profondità.
La disperazione del vicino di casa parrebbe essere troppo costruita, poi, a pensarci, ci si accorge che non è così diversa da quella di quel nostro tal conoscente. Un film senza misura avrebbe proseguito su qualche sentiero più scabroso e, quindi, comico (la mano sul braccio e via così...), ma in questa pellicola non succede, zero sbavature, il vicino si alza e se ne va. Le turbe della vecchia compagna di scuola non sono allucinanti, così come la reazione sincera di Niko (così come quella conseguente, della ragazza). Ancora, l'episodio dello scambio di battute al teatro: è credibile che qualcuno sorrida al teatro, così come che qualcuno s'incazzi e che esageri nella reazione. Quindi, le scene fanno sorridere sulle prime, aprendosi, poi, ad una lettura più sfaccettata e complessa.
"Non fare sciocchezze Niko" sussurra una vecchietta, abbracciando il nostro, nella sequenza più toccante (sì c'è spazio anche per una grande tenerezza). Difatti Niko non lo farà, pare tra i meno sciocchi degli infiniti protagonisti cinematografici, portandosi a casa premi e il nostro umile buon giudizio.
(depa)
La disperazione del vicino di casa parrebbe essere troppo costruita, poi, a pensarci, ci si accorge che non è così diversa da quella di quel nostro tal conoscente. Un film senza misura avrebbe proseguito su qualche sentiero più scabroso e, quindi, comico (la mano sul braccio e via così...), ma in questa pellicola non succede, zero sbavature, il vicino si alza e se ne va. Le turbe della vecchia compagna di scuola non sono allucinanti, così come la reazione sincera di Niko (così come quella conseguente, della ragazza). Ancora, l'episodio dello scambio di battute al teatro: è credibile che qualcuno sorrida al teatro, così come che qualcuno s'incazzi e che esageri nella reazione. Quindi, le scene fanno sorridere sulle prime, aprendosi, poi, ad una lettura più sfaccettata e complessa.
"Non fare sciocchezze Niko" sussurra una vecchietta, abbracciando il nostro, nella sequenza più toccante (sì c'è spazio anche per una grande tenerezza). Difatti Niko non lo farà, pare tra i meno sciocchi degli infiniti protagonisti cinematografici, portandosi a casa premi e il nostro umile buon giudizio.
(depa)
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