La sala Ninna ieri sera si è tinta d'azzurro, l'hip-hop e il reggae, che spesso suonano a bomba fino a tarda notte, hanno lasciato spazio alla musica delle onde che si infrangono sulla spiaggia, e il mio stato di relax ha raggiunto l'apice quando ho avuto l'impressione che la stanza fosse invasa da un profumo di sale e sabbia bagnata che mi stimolava piacevolmente l'olfatto. "Mediterraneo" è un film cult della sala Ninna, uscito nelle sale cinematografiche nel 1991, vincitore del premio Oscar come miglior film straniero, ha alla regia Gabriele Salvatores che diresse una numerosa squadra di giovani attori italiani, capitanata da un grande Diego Abatantuono.
E' la storia di un gruppo di giovani soldati italiani, ognuno con la sua storia personale alle spalle, che, durante la seconda guerra mondiale, viene mandato in missione in un'isoletta sperduta del Mar Egeo. Il gruppo si ritrova ben presto senza la possibilità di comunicare con l'esterno a causa della rottura della radio. L'isola sembra disabitata. In realtà donne, anziani e bambini si sono rifugiati in collina visto che, poco prima del loro sbarco, i soldati tedeschi avevano fatto irruzione nell'isola, affondato le barche e deportato gli uomini, ma, dopo aver constatato che i soldati italiani non rappresentavano una minaccia, tornano ad abitare in paese e a condurre la vita di tutti i giorni. In un attimo il film cambia: la tensione del "film di guerra" sparisce. I ragazzi si ambientano rapidamente e alla grande all'interno di questa piccola comunità. Si sentono sempre più a loro agio nel condurre una vita semplice, spensierata, estranea ad ogni politica o guerra, fatta di piccole grandi cose come l'amicizia, la natura, il buon cibo, il buon vino, l'amore e il sesso fatto con Vassilissa (l'affascinante Vana Barba), una prostituta che è un po' una "Bocca di rosa", quindi lasciamo perdere i facili moralismi filofemministi! Non manca loro neanche qualche droguccia leggera che un pescatore turco giunto via mare (un personaggio!) gli ha "gentilmente donato" per, l'indomani mattina, poterli derubare di soldi e armi. Poche scene dopo questa, il film vive un momento che lo stesso Salvatores ha definito "onirico" nel quale vi è uno splendido monologo di Abatantuono che riflette ad alta voce sulla società e sulla vita.
Azzeccatissima la colonna sonora, assolutamente splendida la fotografia, e non manca anche qualche momento di sottile comicità grazie soprattutto ad un Abatantuono sicuramente in gran spolvero.
Ma più che altro questo è un film che definirei "filosofico" e devo ammettere che tra me e lui, quando l'ho visto per la prima volta anni fa, è stato subito amore.
E' un film che fa riflettere.
Oggigiorno viviamo in una società schiava del "fare", nella quale molto raramente abbiamo la possibilità di fermarci un attimo a riflettere su noi stessi e sulle nostre emozioni, su dove stiamo andando, e cosa vogliamo realmente da e per noi stessi in questa vita. Una società nella quale il "diverso" è visto e recepito come un qualcosa da temere e da evitare, e non come una possibilità di confronto e quindi di crescita. E' una società che per questi e altri motivi non è assolutamente "a misura d'uomo", tanto che sensazioni di insoddisfazione e frustrazione, che portano spesso al sentirsi inadeguati e quindi depressi, sono sempre in agguato in ogni essere umano che non sia un totale e rassegnato, insensibile "inetto".
La società d'oggi si è sicuramente evoluta, ma in questa sostanza non è molto diversa da quella degli anni '40. Siamo schiavi oggi (di una finta democrazia, del consumismo, della moda, ecc..) e lo eravamo allora (della dittatura fascista, della guerra, delle convenzioni, ecc...). E allora io credo che "In tempi come questi la fuga è l'unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare" (Henry Laborit). Con questa frase scritta a pieno schermo comincia il film "Mediterraneo".
(Ste Bubu)
Dedicata a Simone
Rivisto ieri sera, è sempre una buona occasione per farsi quattro risate con Abatantuono e il resto della ciurma; un film che è innanzitutto una commedia divertente (il lessico non è certo autentico), che regala qualche momento di poesia (i sirtaki spensierati; la riscoperta del corpo femminile da parte dei due alpini sardi; l'idea stessa di andarsi a nascondere nella botte...) ma che, come hai scritto tu, crea soprattutto un'atmosfera, un'impressione di "stacco", un riappropriarsi di sé.
RispondiEliminaPersonalmente, avrei evitato le scene "postume", terminando il film con quel "Ma passami un'oliva va'" che spiega bene l'approccio da tenere verso questa simpatica pellicola.