Società e Psiche

Dopo i "bagordeggiamenti" a livello di Doria non del tutto ancora superati di sabato notte, l'ideale per la serata di lunedì è guardare un film in sala "Ninna" con una "ninna" tra le mani,che alla fine ovviamente sarà la "ninna" prima della vera "ninna".Il film è uno di quelli che promette bene ed effettivamente mi ha lasciato soddisfatto.
Alberto Sordi affiancato da Shelley Winters e con Vincenzo Crocitti interpreta "Un borghese piccolo piccolo" di Mario Monicelli del 1977.La pellicola è un mix di sociologia e psicologia del tempo,analizzate con pungente ironia dal regista di Viareggio.

Siamo alla fine degli anni '70 e Giovanni(Alberto Sordi), impiegato dell'ufficio pensioni del ministero di Roma, è prossimo alla pensione. L'unico desiderio suo e della moglie Amalia(Shelley Winters) è di sapere il figlio Mario(Vincenzo Crocitti),diplomato in ragioneria,sistemato con una buona posizione lavorativa a sua volta all'interno degli uffici del ministero.
Il ritratto che Monicelli dà di questa famiglia è quello di una tipica e tranquilla famiglia romana medio-borghese. Il padre ha dedicato tutta la vita esclusivamente al lavoro piegandosi sempre alle regole del sistema e ai propri superiori(divertente e irritante nello stesso tempo la scena nella quale Giovanni si trova ,per la prima volta nel film, col suo capoufficio) e con la ferma e decisa convinzione che l'unico modo per raggiungere le proprie soddisfazioni sia pensare sempre e solo a se stessi. La madre è una casalinga frustrata ,religiosa, e sempre un po' imbronciata e indispettita nei confronti del marito perché egli non bada alle sue esigenze e non ascolta mai il suo parere. Il figlio è un ragazzo tranquillo ,per non dire un po' sfigatello,diplomatosi nella media, che segue diligentemente i consigli e le richieste del padre che stravede per lui. Nella prima ora il film mi è sembrato una commedia con un buon ritmo che con ironia,grazie soprattutto al solito Albertone,mette in risalto tutte le magagne e gli intrallazzi tipiche italiane di quegli anni che ,come sappiamo bene,non sono molto diverse da quelle di oggi. Il padre ha la certezza che avendo lavorato per trent'anni al ministero, piazzare il figlio in un buon posto di lavoro sarà una cosa semplice e automatica. Basteranno le giuste raccomandazioni, che lui è convinto di avere, e il gioco sarà presto fatto. Peccato che scopre che la lista dei raccomandati è più lunga di quella dei non raccomandati,così si vede costretto ad entrare in una setta massonica per poter dare una più forte spinta per il figlio.Molto ben riuscita a mio parere la scena tragicomica del suo rito di entrata ufficiale nella setta.Si capisce subito che questa sarà un'ennesima conquista sociale che aumenterà il "potere" del protagonista solo da un punto di vista formale e non sostanziale.
Tutto scorre nella più normale tranquillità all'interno di questa famiglia. Anche le feroci liti tra i coniugi sono superate con serenità e indifferenza come se la cosa facesse parte del gioco. Fino a quando il figlio viene ucciso durante una rapina. 
Da segnalare le belle inquadrature subito dopo gli spari e la caduta a terra del ragazzo morto che non vanno mai sul corpo di lui. Sembra che il regista volesse trasmettere allo spettatore la tragicità del momento solo attraverso la reazione del padre, prima di tutto, e degli altri presenti.Solo a fine scena viene inquadrato il viso con la bocca insanguinata e il corpo ormai privo di vita del giovane.Questo rende tutta la scena effettivamente molto tragica e piena di suspense. Monicelli ne sapeva...e quante ne sapeva...
A questo punto il film cambia. La commedia diventa triste e malinconica come il protagonista, che sente di non avere più uno scopo nella vita e con la moglie ammalatasi a causa dello shock per la perdita del figlio,capisce di essere rimasto solo. Finché impazzisce. Scova e rapisce l'assassino del figlio e trova un nuovo scopo della vita nel torturarlo. La commedia è diventata tragedia con anche qualche altro momento di leggera suspense .
Chiaramente la felicità che si basa solo sulla soddisfazione lavorativa e quella di aver sistemato bene il proprio figlio,cioè su valori materiali, ha basi molto fragili e perdere l'equilibrio mentale dopo un'inaspettata e improvvisa tragedia che sconvolge tutti i piani è una cosa logica e abbastanza scontata. La vita dovrebbe basarsi soprattutto sui sentimenti; l'amicizia(quella vera e non quella per interesse),l'amore,le passioni e la libertà,ma "un borghese piccolo piccolo" sceglie la strada più facile e comoda(che in Italia era/è un'autostrada!?!) che tuttavia non può portare da nessuna parte, se non alla follia e/o ad una fine infelice e insoddisfacente. Questo ci mostra Monicelli in questo film di denuncia, fatta spesso(soprattutto nella prima parte) attraverso l'ironia e la comicità che alcuni atteggiamenti e alcune convinzioni della parte borghese della società dell'epoca avevano già di per sé e che egli ha "semplicemente" leggermente enfatizzato per renderli alcune volte tristi, alcune volte divertenti, ma sempre e comunque irritanti e fastidiosi!
Secondo me tuttavia questo film non merita tutto il successo che ha avuto da parte della critica(4 David di Donatello),ma è sicuramente un film piacevole,interessante per le riflessioni che propone e quindi che merita di essere visto, soprattutto da chi è ammiratore del regista toscano.
(Ste Bubu)

3 commenti:

  1. Ma quindi adesso si chiamano "Ninne"...?
    Un gran bel editoriale, che mi ha fatto rivivere in parte le emozioni del film. Dici che la critica è stata di manica larga? 4 David di Donatello.... e caaapirai!!! Un premio che ormai non se lo soscia (soffia, lo traduco perchè sei fuori allenamento) più nessuno.
    Grande Mario che ne sapeva una più di tutti.

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  2. Grande Tigre! Un uccellino di Milano mi ha detto che sei un grande ammiratore di Monicelli (e chi non lo è...), e che con questo editoriale avrei potuto toccare qualche corda sensibile della tua mente da cinerofumiano.
    Accetto la "critica" sul valore che ho dato ai 4 David di Donatello, ma penso che si sia capito cosa intendevo dire: gran bel film, ma Mario ci ha lasciato anche di meglio.
    Preparati che l'anno prossimo visto che siamo tornAti ti veniamo a trovare e ti spiegherò esattamente qual'è il significato di "ninna" e della sala "ninna".
    Evviva il cinema che dà e unisce!

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  3. Che botta 'sto film...e che bella Italia quella che ci racconta...fatta di borghesi davvero piccoli, come quello interpretato da Sordi. Populino potrebbe definirsi. I veri borghesi hanno più soldi e (quindi?) colpe, responsabilità. "Giovanni" fa pena, è dura disprezzarlo...poi ecco la botta: a metà pellicola, come hai scritto, la commedia amara sì, ma anche molto dolce, naufraga nella tragedia improvvisa (con l'atroce sequenza delle bare parcheggiate) e nella conseguente spirale di violenza, in cui uno spiazzante Sordi, accecato dal bisogno di vendetta, si sporcherà le mani di sangue.
    Lotta tra poveri, il messaggio è chiaro: l'erba dell'odio cresce su tutti i campi, più o meno, aridi e impervi; dalla disperazione di tutte le altitudini
    Monicelli shock (pure un po' pulp: "Giovanni" che, sullo sfondo, fa uno spuntino, mentre in primo piano c'è un volto coperto di sangue), a raccontare di una specie animale che tira dritto, un piede nel crimine, l'altro nella disperazione.
    Bello.
    Secondo me ce ne sono Bubu di denigratori del Maestro, in primis quelli che credono sia soltanto "Amici miei"...

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