La scorsa settimana, la sala Uander con Mr. Brown incorporato, dopo aver già visto fallire il piano Carpenter, ha dovuto rassegnarsi ad un'altra disfatta: nemmeno la Trilogia della Vendetta proseguirà. E allora abbiamo cominciato una nuova avventura, di sbieco però, ché un regista (almeno controverso) come Quentin Tarantino non può arrivare al Cinerofum entrando dal balcone, come un ladro (anche se lui un artista lo è...). "Four rooms" è il terzo cimento del regista di Knoxwille, classe 1963. E questo che avrebbe dovuto essere un gioco cinematografico realizzato con e per altri tre amici, finisce con essere un'impietosa cartina tornasole sulle capacità di Tarantino rispetto a quelle dei compari. I tre compari si fanno un autogol a testa, poi arriva lui e al 70° sigilla pure col gol più bello.
E' un crescendo facile facile quello che incornicia Tarantino, circondandosi di registi esordienti e, appunto, ancora in fasce. Lui reduce, nei tre anni precedenti, dai due film che lo hanno direttamente catapultato nel Firmamento Cinematografico ("Le iene", "Pulp fiction"), si ritrova a fare l'accompagnatore di ciechi, solo che sono tre, Quentin non ce la può fare e la strage si consuma inesorabile.
Un po' di chiarezza: 4 episodi ambientati in altrettante stanze d'albergo, allacciati in qualche modo dal fattorino Tim Roth; come detto, disposti (consapevolmente?) in ordine crescente di valore, ma rispetto alla metafora iniziale è meglio fare una precisazione, diciamo che: nel primo episodio, "Strano Intruglio", Allison Anders di autoreti se ne fa due...Nel secondo, "L'uomo sbagliato", lo statunitense Alexandre Rockwell, classe 1956, se ne fa solo una, riuscendo almeno a valorizzare il fattorino Ted; Robert Rodriguez (1968, San Antonio), riesce a non sfigurare facendo il minimo indispensabile, tenendo il risultato fermo sullo 0-3 alla fine del terzo episodio ("I cattivi"), sfiorando il gol con la scena finale (vero e proprio quadro "rinascimenpulp"). Poi arriva Tarantino, 4 passaggi e gol strepitoso. Ok, non sarà niente di trascendentale ma la differenza di classe è lampante, tutti i tratti tarantiniani (e un regista che dopo due pellicole sfoggia un carattere così ben delineato ha, di per sé, imboccato una buona strada).
Se il film fosse stato proposto e montato in maniera inversa, il sapore al termine del film sarebbe stato molto più amaro. Per fortuna il dolce ci lascia con una mousse pulp davvero golosa; certo, porzioni da nouvelle cuisine eh...
(depa)
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