Sabato pomeriggio di questo maggio 2012 da buttare nel cesso, pioggia e freddo, impossibile trovare qualcuno da stanare. Vado al City a vedere un film di cui mi parlò bene un amico, soddisfatto quantomeno di non vedere scorrere nel nulla anche queste due ore, anche se per poco. Uno scioccato più ancora che scioccante, ma per nulla spericolato Steve McQueen (non c'entrano nulla, lo so), esordì nel 2008 con questo "Hunger", forte e necessaria sonda-spia cinematografica in quello che fu un vero e proprio annullamento dei "diritti civili" dell'uomo, perpetrato da quella testa di cazzo che fu la Thatcher (curioso che il film sia uscito nelle sale italiane dopo 4 anni dalla realizzazione, proprio in contemporanea col pomposo "Iron Lady").
Le immagini sullo schermo costringono il pubblico a stringere i denti, per non girarsi, le piaghe sulla pelle dei carcerati sono realistiche come quelle nella memoria dei cattolici di Belfast, McQueen le inquadra per bene, zoomandoci sopra proprio mentre vengono toccate. L'intento di deviare il pugno di ferro tristemente famoso verso lo stomaco dello spettatore è evidente e il risultato è ottenuto. E sin dalle primissime sequenze si nota l'attenzione del regista per i dettagli, per la scelta delle inquadrature e dei giochi visivi ottenuti con messe a fuoco su piani differenti (incantevole la prima sequenza dei coperchi sbattuti per terra). Ma il film, col passare dei minuti, mi ha reso la sensazione di un vuoto di idee, malamente riempito con un provocatorio e irritante dialogo di una ventina di minuti, inutile peraltro a qualsiasi tipo di analisi del problema. Il vuoto dalla sceneggiatura cola sulla pellicola tutta, che quindi diventa un ricettacolo di inquadrature banali (il secondino con le spalle al muro, sotto la neve) e mal eseguite (la dissolvenza dei corvi sul letto di morte, con la m.d.p. che volteggia sul quasi cadavere). Quindi si tratta di un film-denuncia che deve circolare, che deve raccontare tra silenzi e urla, meglio se a qualcuno che ne è all'oscuro completo (ne esistono, inquietante), ciò che è lo scontro tra IRA e quell'"esercito inglese, i terroristi siete voi" di cui fecero parte tanti britannici dalle divise diverse, più o meno riconoscibili (non preoccupatevi, nel film c'è anche il poliziotto che piange sconvolto dal comportamento dei suoi commilitoni...).
Bisognerà vedere cosa realizzò tre anni dopo il regista londinese (classe '69), con lo "Shame" di cui ho sentito parlare bene; ma "Hunger" ha i pro e i contro di un buon film d'esordio: qualche immaturità, ma molto entusiasmo e ricercatezza.
Un film da fare, non so quanto da vedere.
(depa)
L'altra sera, Depa, parlavi di quanto sia importante "avere il coraggio di osare" quando si fa un film e penso che questa pellicola ne sia un esempio: Steve McQueen ha avuto questo coraggio (come per altro i genitori a dargli quel nome con quel cognome!?!).
RispondiEliminaPoche parole e tante immagini, poi quei venti minuti di dialogo serrato a due tra il protagonista e il parroco del carcere che a quel punto non ti aspetti, per poi tornare a "giocare" con la cinepresa e dare di nuovo poco spazio alle parole, e anche quell'intreccio temporale della trama nel primo terzo di film... Una pellicola, per quello che è la mia cultura cinematografica (ancora e sempre bisognosa di crescere), veramente particolare.
E poi anche la scelta dell'argomento è coraggioso: descrivere una (ennesima) situazione nella quale vi è stata una totale mancanza del rispetto dei diritti civili e umani mostrando la violenza e la sofferenza senza nessuna "autocensura".
A me non è dispiaciuto.