Ecco, volendo cedere al vezzo di suddividere in categorie le opere di Luis Buñuel, ne identificherei tre, secondo la dose d'ingrediente surrealista presente in esse: quelli smaccatamente surrealisti ("Un chien andalou", "L'age d'or"...); quelli che, pur con elementi di forte rottura col cinema classico, ne richiamano la struttura ("La Via Lattea", "Il fascino discreto della borghesia", "Quell'oscuro oggetto del desiderio"...); e quelli aderenti ai canoni cinematografici condivisi dai più (forse "I figli della violenza", "Bella di giorno"...). Il film che ho rivisto ieri al cinema, "L'angelo sterminatore" (1966), appartiene alla seconda categoria, quella di mezzo, quella che credo di preferire (me latino codardo!).
Meraviglioso attacco all'intrinseca debolezza che la borghesia si porta addosso, inscindibile da tutto ciò che è e che rappresenta, ossia il vuoto, il nulla più assoluto. La categoria umana che corrisponde al concetto dell'apparenza (in antitesi all'ovvio essere, mai così originale, bene prezioso raro, come ai giorni nostri), la borghesia, viene buttata in una sorta di ring immaginario: oltre le corde delle sue meschinità (dalle quali non può fuggire), la platea dei valori (cui non potrà avvicinarsi).
Nel giorno del giudizio, Buñuel non si risparmia; è tutto là dentro, in quella stanza dall'aria ormai irrespirabile, ogni aspetto ridicolo, triste, penoso, irritante, disonesto, dei signorotti che attraversano i secoli prendendo tutto ovunque e donando quello che hanno: demenza da vetrina, stupidità coi guanti bianchi, ipocrisia più sterile di una pietra ferma che non esiste ("Anche io l'ho pensato ma non l'ho detto per educazione!").
Quando il mondo gira alla rovescia, non c'è più un indice dei valori, le virtù sono parole sparse, non più collegate al loro significato perso. -"Perché non andate voi?" si dicono l'uno all'altro, -"Vai tu!" dice il militare al bambino, poiché la codardìa non è poi così male (se morissi come potrei partecipare al party di domani? E arraffare soldi martedì prossimo?).
Quasi spaventati di avvicinarsi a gente che li potrebbe giudicare veramente (cambiando, quindi, qualcosa), preferiscono frequentarsi tra loro, giudicandosi falsamente, sempre pronti a riabbracciarsi (se conviene); gesti agghindati e parole roboanti che crollano al minimo segnale di "pericolo". L'onore è pura facciata, è un tutti contro tutti tra bestie che sorridono nascondendo gli artigli.
Pronunciare "Violenza, maleducazione e sporcizia" storcendo il naso è inutile esorcizzazione dell'humus intrinseco di questa casta; casta che, lo ricordo, non è quella sempre differente e lontana da sé; troppo facile. Ad esempio, tu: ti si infilerà un tarlo prima o poi, ne fai parte e sei inguardabile. Non c'è arte che tenga, dignità che limiti, non ne sei esente, nemmeno per un attimo, sei "per sempre coinvolto". Il gesto purificatore, giuro, non esiste (figurati un'asta di beneficienza!).
"Eh vabbè...e allora TU?!".
Le virtù sono distribuite in proporzione inversa rispetto alla ricchezza, e va benissimo così. Perché? Perché chi fa soldi RUBA, perché chi ha soldi LI HA RUBATI.
Tutti a guardare questo film, meglio se più di una volta, poiché ogni frase e ogni inquadratura sottendono un attacco ineccepibile ma che può sfuggire.
(depa)
ps, ovvio: borghesia & militari & aristocrazia, poiché si danno il braccetto per stare in piedi.
Film pazzesco! Il Buñuel che mi è piaciuto di più!
RispondiEliminaIl sistema aristocratico-borghese si regge su convenzioni ed etichette che pilotano passo per passo ogni opera e azione degli appartenenti a questa classe sociale, tanto che basta una scelta “fuori da questi schemi” e booooooooooooom! Appassionante da morire come il regista spagnolo indaga il susseguirsi degli eventi conseguenti di ciò, che diventano uno sempre più assurdo del precedente. Come un fuocherello che diventa falò, poi incendio e infine un disastro incontrollabile. Né la morte, né l’amore riescono a riportare la situazione nei giusti (per loro!!!) binari. Ormai è il caos! E quelli là fuori che vorrebbero aiutare, ma se ne guardano bene dall’immischiarsi… Fantastico! Dialoghi accattivanti, inquadrature magistrali e cambi di scena azzeccati tengono alta la tensione per una buona oretta, gli spunti di riflessione e i momenti di stupore sono molteplici, mentre la curiosità di capire come si possa uscire da quell’assurdità, cioè come l’autore possa concludere questa storia sempre più assurda e intrigata, cresce man mano che la pellicola gira... Ma sì! Ovvio, cazzo! Quello è l’unico modo!... Dunque finale perfetto.
Film da applausi.
Ps: un “cinque alto” a Depa per la sua sentita, grintosa e stracondivisa dal sottoscritto recensione ed uno ad Albert per il suggerimento.