Ciao 'rofum, è un anno che ronza per le sale milanesi un certo "Somewhere", del 2010, di Sofia Coppola (figlia di Francis Ford). Finalmente, chissà perché, ieri sera ho deciso di vederlo. Ah, sì, me ne ha parlato un amico e ho voluto poter rispondere con la mia. Film ambizioso nell'intenzione, sterile nel risultato. L'ennesimo shock del giorno dopo, però, me lo regala la giuria del Festival di Venezia: questo "filmetto" vinse il Leone d'Oro. Oltre che essere di "bigiotteria", questa pellicola è, quindi, anche utile: a comprendere quale valenza abbia, ormai, quel leoncino spelacchiato, gatto malandato che si aggira tra i canali.
Non è tutto da buttare, certamente. Il film, lento, riflessivo, cerca costantemente un'atmosfera sconsolata, vuole figurare quale vuoto possa attanagliare chi lo riempie di nulla; e, in parte ci riesce. Ma...ci sono molti "ma". L'incisione non è profonda, il malessere non è sviscerato in maniera esaustiva. Non a causa della lentezza eccessiva, o della ripetitività esasperata, che in altri film di questo tipo (alcuni Antonioni, per esempio) rappresentano la possente spina dorsale della pellicola. Bensì a causa, della scelta sbagliata delle finestre aperte sulla vita del protagonista. Premesso che, per il sottoscritto, ad esempio, le scene della lap-dance, sono tra le più riuscite del film, in quanto comunicano abilmente un senso di vuota voluttà, di piacere impossibile da soddisfare, mescolando abilità artistica (per me quelle due sono indubbiamente brave) e qualcosa, forse mero preconcetto morale, di malinconico, di triste, di squallido: l'ingrediente principe di quest'opera, anche nelle intenzioni della regista americana. Ma, se un Mastroianni non trovava piacere negli sterili party, nei vuoti palazzoni e nell'avvilente rapporto con la moglie, o un Nicholson sbatteva contro un deserto beige la propria voglia di vivere, qui si tratta di uno scialbo attore americano che dopo aver comprato Ferrari nera, affittato tettone in costume e legato con folle di rincoglioniti ha un'illuminazione: ha una figlia. Il tutto suscita un effetto "Riprenditi deficiente", più che "Povero, come lo capisco". E ho detto tutto. La telefonata in lacrime rovina, tra l'altro, tutto o quasi.
Quindi (altro) super granchio gigante per Venezia, per Tarantino capo-giurìa (figuraccia pari a quella di De Niro a Cannes 2011), e per questa combriccola di ragazzi pseudo-intellettuali americani, ancor più supponenti del sottoscritto.
Comunque, meglio questo cinema che almeno ci prova (assenza di colonna sonora, effetti sonori in rilievo, musica buona qua e là, coraggio nel tenere ferma l'inquadratura), piuttosto che altro, che non si pone nemmeno quest'obiettivo. Certo, Sofia, la prossima volta che hai voglia di dire la tua sul male di vivere, evita almeno di prendere per il culo il paese in cui, i maestri di quella che vorresti fosse anche la tua arte, realizzarono su tale angoscia film unici e perfetti. Se non altro, dal pulpito tutto Hamburger, Ketchup, SUV e Tette sulle spiagge di Miami...proprio no, grazie. Ah, grazie anche a te, nuova grande destra italiana.
(depa)
Bravo Depa, devo dire che hai riassunto perfettamente le sbavature di questo filmetto a mio parere noioso, vuoto e poverissimo di contenuti. Anzi, sei stato forse troppo buono...non posso credere che per S. Coppola fosse suffic. stampare sul viso del protagonista uno sguardo perso nel vuoto per rappresentarci il male di vivere. Esigo di più. Forse per colpa tua che mi stai bombardando di capolavori? Vogliamo ricordare l'espressività del volto di Bess? Ecco appunto....lasciamola riposare sul fondo del mare. Piccola dimenticanza Mrs. Depa: Sofia ci propina quella che è stata la sua esperienza di vita, figlia di un padre astro del cinema, probabilmente anche un po' compiaciuta della frivolezza che l'ha circondata sin dall'infanzia. C'è poco da tirarsela cara Sofy...Dulcis in fundo...Oltraggio alla vita "normale" la scena dei due a bordo piscina, quando il padre chiede alla pargoletta se va tutto bene..."SI"...e te credo! fancazzismo allo stato puro. Ecco, per me il messaggio subdolo di questo film è rappresentato tutto in quei 10 secondi...
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