Parliamo, anzi, ascoltiamo un po' di Angelo Froglia. Ieri sera ho imbarcato pure il Prof. Sini a seguirmi ai "Cappuccini" dove, in programma, era appunto "Angelo Froglia - L'inganno dell'arte". Documentario diretto dal torinese Tommaso Magnano, offre un rapido scorcio sull'artista livornese che bruciò tappe e se stesso. 1955-1997. Pittura, droghe, movimento studentesco (Pianosa) e "Modì". Si potrebbe ridurre a ciò la vita di un ragazzo. Se non fosse per il magma incandescente che si muove là dentro, a collegare e riempire sprofondi di fuoco. E cenere.
Parte il film e non resta che tapparsi le uege, provare a resistere perché il sound è davvero buono, parte ineludibile del lavoro di Magnano e "suoi", quindi spostarsi venti file indietro. La colonna sonora, anche qui, non ci abbandonerà. Detto ciò consiglio, e credo il Prof. con me, di approfondire la figura raccontata, in questo documentario dal sapore amaro, da amici e parenti. Perché se di Froglia rimarrà sempre il gesto provocatorio e dissacrante esploso sulle prime pagine '84 (soprattutto resteranno i giudizi di affermati quanto mummificati accademici e critici d'arte dinanzi alla "bufala", tra cui ricordiamo: "sono così brutte che non può averle fatte un principiante", "me lo aspettavo, trepidavo...è evidente che siano autentiche!"), è ben più misero il ricordo dei suoi dipinti, dei suoi testi (lettere, considerazioni su arte, vita, morte), delle sue idee. Idee forti e precise, parole scelte provenienti da una di quelle menti che sarebbe meglio ascoltare maggiormente. Disegni e dipinti che hanno l'energia di chi ha visto la morte da un'angolazione pericolosa, intensa. Di chi ha provato la sofferenza delle carceri "speciali" (ecco l'ennesimo imperdonabile fallimento istituzionale) e la grinta dello Stato che opprime. Di chi, insomma, incamera energia così potente e pura che solo nell'arte (nella profonda riflessione) può trovare espressione che, sì, sia distruzione, ma quella, celeberrima e mal recepita, creatrice. Altrimenti, proprio come lo Stato (e le accademie, appunto), l'eroina interviene e si prende tutto. Anche il ricordo.
(depa
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