Questa sera, allo "Spazio", il film porno girato da Peter Greenaway nel 2012, "Goltzius and the Pelican Company". Ehi scherzo, anzi no...ma sì dai. Su cucciolorsi, nessun membro (ops!) delle due possibili tribù deve scandalizzarsi. Né per ciò che ho scritto, né per ciò che ha realizzato l'eccentrico regista gallese. Caleidoscopio d'immagini, tourbillon di luci, colori ed effetti visivi, digitale e carne, riflessioni e grandi scopate.
Capitolo particolare, non solo del regista, ma nel discorso più ampio svolto dal cinema sino ad oggi. Vi ho trovato molta provocazione; difficile non immaginare un regista che, con la spavalderia di chi può osare, decide di portare sulla scena il tariffario di un incisore olandese all'avanguardia, il grido degli iperlibertini caduti lungo l'inquisizione dei secoli; prima nei teatri, quindi nei cinema. L'esperienza visiva, come nella precedente opera dedicata ad un altro artista olandese, ugualmente creativo, ma ben più accettato (ora, non lanciamoci in ipocriti tripli salti mortali carpiati, non autostimiamoci meno bigotti di quel che siamo: se mi beccaste in camera, autosegante, davanti alla VHS di "Le supervogliose", beh non pensereste certo ad una possibile corrispondenza del mio gesto con altri narrati nel Nuovo Testamento), l'esperienza visiva, dicevo, è di quelle che affascinano. Da subito, i riflessi d'acqua mescolati alle scritte in sovraimpressione, l'allestimento teatrale con somma cura delle scenografie, dei costumi (quando ci sono) e delle luci, non può che testimoniare una sensibilità estetica di prim'ordine. Anche il discorso che si dipana, solletica una rilfessione sulla storia del sesso, della sua rappresentazione, interpretazione e mercificazione. Il punto è che non sono ancora pronto: metà del film la passo a sintonizzarmi sui peni oscillanti, sulle vulve danzanti, sui culi ben saldi, missione impossibile. Quindi mi distraggo con la bellezza delle meta-immagini, sul mezzo e sull'involucro.
In sala Merini, solo il tizio dietro di me non regge e prende la via dell'uscita, tutti gli altri tengono duro; forse, allora, i tempi sono maturi. Piano piano, lentamente, da che mondo è mondo: dalle antichissime civiltà, greca e romana, dal Kamasutra al Decamerone, stimolati da Montaigne (mi scuserà da lassù, lui certe cose le ammetteva, senza troppi giudizi, no pornografia però quel coso ce l'abbiamo, perché non parlarne?) e, via via, infoiati dal Marchese de Sade; accozzaglia di tentativi, ma l'animale più bigotto e porcellino del creato non riesce a spogliarsi e accopparsi senza lussuria ed imbarazzo.
Se solo l'occhio si diverte, dopo un po' mi annoio, comunque provate.
Capitolo particolare, non solo del regista, ma nel discorso più ampio svolto dal cinema sino ad oggi. Vi ho trovato molta provocazione; difficile non immaginare un regista che, con la spavalderia di chi può osare, decide di portare sulla scena il tariffario di un incisore olandese all'avanguardia, il grido degli iperlibertini caduti lungo l'inquisizione dei secoli; prima nei teatri, quindi nei cinema. L'esperienza visiva, come nella precedente opera dedicata ad un altro artista olandese, ugualmente creativo, ma ben più accettato (ora, non lanciamoci in ipocriti tripli salti mortali carpiati, non autostimiamoci meno bigotti di quel che siamo: se mi beccaste in camera, autosegante, davanti alla VHS di "Le supervogliose", beh non pensereste certo ad una possibile corrispondenza del mio gesto con altri narrati nel Nuovo Testamento), l'esperienza visiva, dicevo, è di quelle che affascinano. Da subito, i riflessi d'acqua mescolati alle scritte in sovraimpressione, l'allestimento teatrale con somma cura delle scenografie, dei costumi (quando ci sono) e delle luci, non può che testimoniare una sensibilità estetica di prim'ordine. Anche il discorso che si dipana, solletica una rilfessione sulla storia del sesso, della sua rappresentazione, interpretazione e mercificazione. Il punto è che non sono ancora pronto: metà del film la passo a sintonizzarmi sui peni oscillanti, sulle vulve danzanti, sui culi ben saldi, missione impossibile. Quindi mi distraggo con la bellezza delle meta-immagini, sul mezzo e sull'involucro.
In sala Merini, solo il tizio dietro di me non regge e prende la via dell'uscita, tutti gli altri tengono duro; forse, allora, i tempi sono maturi. Piano piano, lentamente, da che mondo è mondo: dalle antichissime civiltà, greca e romana, dal Kamasutra al Decamerone, stimolati da Montaigne (mi scuserà da lassù, lui certe cose le ammetteva, senza troppi giudizi, no pornografia però quel coso ce l'abbiamo, perché non parlarne?) e, via via, infoiati dal Marchese de Sade; accozzaglia di tentativi, ma l'animale più bigotto e porcellino del creato non riesce a spogliarsi e accopparsi senza lussuria ed imbarazzo.
Se solo l'occhio si diverte, dopo un po' mi annoio, comunque provate.
(depa)
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