Due settimane fa, io ed Elena ci siamo rinchiusi in sala Uander per passare una serata col principe dell'horror nostrano, Dario Argento. Nello stesso anno delle "4 mosche", il 1971, il regista romano girò un altro thriller a modo suo, fatto di montaggio che colpisce con cazzotti, ellissi che solleticano, ritmo ed ironia ben amalgamati. Alla termine della visione de "Il gatto a nove code", tutti soddisfatti; e un po' scossi.
Dario Argento, che piaccia o non piaccia, ha la sua personalissima e riconoscibile interpretazione, quindi rappresentazione, del fatto criminoso: soggettiva, stacchi e riprese dall'aspetto ruvido, a grana grossa (proprio come la recitazione degli attori, in questo caso forse leggermente più ricercata), che giungono a dar corpo ad uno stile accattivante e, come scritto, unico. Si prenda la sequenza dell'omicidio sotto il treno, ad esempio, bellissima per movimento ed intensità. Altri registi avranno pensato alla ripresa in prima persona, dal punto di vista dell'assassino, mentre si avvicina al momento del delitto, altri avranno pensato ad un simile montaggio rapido e brusco. Ma Dario Argento ha allestito una sequenza in cui tutte le parti coincidono e partecipano del gran risultato: il luogo è il binario di una stazione, affollato sia di innocenti, sia di malintenzionati, il tempo è quello scandito da un treno in arrivo, la tensione sale e sarà uno scatto fortuito ad immortalare lo schianto sotto il treno. Chapeau.
Il giallo prende forma anche attraverso il percorso delle acute ed appassionanti elucubrazioni investigative del cieco e del giornalista, personaggi differenti e complementari, non solo per l'astuzia dell'handicap del primo (comunque una gran trovata per l'intera economia dell'intreccio), così come dalle parlate delle figure a contorno (il barbiere siciliano: gran scena, da ottimo conoscitore delle dinamiche proprie di questo genere cinematografico; il ladro genovese, che fa sorridere e imparare...).
Le musiche di Ennio Morricone esaltano il tutto, tenendo alto il livello di adrenalina.
Tutti ingredienti azzeccati a dar forma ad una serie di sequenze di grand'effetto (come quella nella cripta, con "Biscottino" in stato confusionale), di qui un film che ci ha rapiti e freddati (maggiormente rispetto alle "4 mosche"), come nell'atto finale, con una morte da panico...!
(depa)
Tutti ingredienti azzeccati a dar forma ad una serie di sequenze di grand'effetto (come quella nella cripta, con "Biscottino" in stato confusionale), di qui un film che ci ha rapiti e freddati (maggiormente rispetto alle "4 mosche"), come nell'atto finale, con una morte da panico...!
(depa)
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