Altro film d'"un certain regard" di quest'ultima edizione del Festival di Cannes, è stato "Party girl". E' vero, non è esente da pecche, la sceneggiatura smunta e scontata mostra lo scheletro, piccolo. Altresì la realtà è sempre quella: nel mare sporco del cinema d'oggi, sono desiderabili anche due rocce in laguna. Tocca, se non accontentarsi, riconoscere lo scarto qualitativo.
E non mi riferisco alla prima parte, sguardo affettuoso ma, tutto sommato, lucido, su un'élite un po' borderline che pare capace, però, di stare al centro del proprio mondo. Semmai, è proprio la seconda parte a far traballare tutta l'architettura. Il film in maniera incomprensibile si infila sui binari più prevedibili, rimandando tutto ad un altrettanto superfritto tentativo di auto-consacrarsi; troppo tardi. Ma, aridaje con 'sti ma, non tutto è da gettare. Gli intenti ci sono stati, poi mal indirizzati; un cinema che rifugge la patina, almeno nelle atmosfere e nella fotografia. Inoltre, quel luogo particolare rappresentato dall'incrocio culturale della Lorena, è più che adatto ad isolare i caratteri da tutto quello che c'è fuori. Il sottobosco umano è infinito e dev'essere continuamente esplorato dalla Settima Arte. A chi vuole, la possibilità del giudizio. Ci sono molte pellicole migliori sul tema dell'incapacità di crescere, capirsi, affrontarsi. Ma, un numero infinitamente maggiore, di peggiori. Ai tre registi francesi, direi di provarci ancora, comunque.
Voto: 6/7.
(depa)
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